venerdì, marzo 17, 2017

Lettera

“LA MEDUSA NON CI HA IMPIETRITI”
"Lettera" di Mario Rigoni Stern all'amico Primo Levi
(dal libro "Aspettando l'Alba")

Valgiardini 12 aprile 1987
Caro Primo,
Questa è una lettera che ti debbo per vecchia amicizia.
Ti avevo scritto dopo aver letto il tuo ultimo libro e ti dicevo della mia solidarietà e di come il tuo saggio così intelligente e spietato mi avesse riportato tali e tante sofferenti memorie da levarmi il sonno; quel sonno che tu ora hai ritrovato e che ti auguro simile a quello di quando ragazzi nelle sere di primavera ci si addormentava all'improvviso dopo aver tanto giocato all'aria nuova.
Ma tu, ieri, non avevi giocato all'aria di primavera e forse a farti dormire così, a farti chiudere gli occhi su questo mondo indifferente e venefico, è stata la stanchezza di quella lontana stagione del 1945.
Sono ormai tanti anni che ci conosciamo, più di trenta (erano appena usciti i nostri due primi libri), e una vigilia di Natale a chi ti intervistava esprimesti il desiderio di trascorrere con me la notte del 25 dicembre, in un rifugio tra le montagne sepolte dalla neve. Ti scrissi subito: "Vieni, andremo a camminare per nevi incontaminate su per la montagna; accenderemo il fuoco dentro un bivacco e staremo in silenzio a guardare le fiamme: non avremo bisogno di spumanti e di panettoni, nè di suono di campane; a noi basterà la compagnia del fuoco".
Non venisti, allora, perché i legami del lavoro e della famiglia ti tenevano a Torino.
Ma un giorno di primavera - era come oggi la stagione - arrivasti con Lucia. Guardammo insieme le arnie delle api, ti mostrai i favi che gocciolavano miele, la regina, la covata, i fuchi, le operaie intente ai loro lavori. Tu con ironica sapienza frenavi il mio entusiasmo dilettantesco e con ragionamento logico ridimensionavi il lavoro e l'ordinamento della società delle api. Poi andammo per un sentiero poco lontano da casa a vedere i caprioli; mi chiedevi dei fiori, degli arbusti, degli alberi, dei funghi, degli animali silvestri.
Tutto questo era bello, ma ogni tanto tra noi scendeva un silenzio improvviso che non era per ascoltare i rumori e le voci della natura, ma perchè la tua e mia presenza, reciprocamente, rievocavano i fantasmi di un' altra primavera che, seppur lontana, avevamo vissuto con simili esperienze.
Così una mezza frase, una parola in tedesco, in russo, polacco, o yiddish, scendeva tra noi provocando una sorte di timoroso pudore.
Quante volte, Primo, in questi ultimi anni ti dicevo: "Vieni, andremo per boschi dove non incontreremo gente estranea; cammineremo sul muschio tra il verde cupo come sul fondo del mare; oppure con gli sci tra il silenzio luminoso, e questo ti farà dimenticare l'angoscia di Auschwitz, e gli impegni di lavoro e della famiglia". Come per un breve periodo ti era capitato durante un' estate.
Eri stato in un luogo fuori mano delle montagne valdostane che con nostalgia mi raccontavi: qualche laghetto a duemila metri che rispecchia il cielo; pascoli da camosci fioriti di genziane, anemoni, soldanelle, miosotis; lenzuola di neve sui fianchi dei monti; ghiacciai sulle vette intorno. E' un posto sconosciuto ai turisti e che anch'io conosco; avevamo progettato di ritornarci insieme per sostare, camminare, arrampicare, guardare le stelle e godere il sole. Sarebbe stato l'opposto del campo di concentramento.
Ma forse anche un luogo come questo non avrebbe allontanato i ricordi e i fantasmi.
Un pomeriggio d'inverno mi trovai a Torino, era il momento del traffico più intenso e la nebbia scendeva lungo i corsi e si arrampicava per le finestre dei palazzi. Ti telefonai. Uscisti di casa e c'incontrammo in via Roma e poi, ti ricordi, siamo andati a camminare tra la gente. Mi raccontavi della tua infanzia, di un negozio dove si vendevano a metri le stoffe e le tele, e di un dialetto che ormai più nessuno capisce. Entrammo anche in un bar nei pressi di corso Re Umberto e stemmo li seduti per qualche ora a parlare.
Il discorso cadde sugli usi e i riti delle tradizioni ebraiche. Ricordo che letteralmente bevevo le tue parole ed era come se un mondo antichissimo e saggio mi si aprisse davanti per la prima volta. A ogni mia curiosità cercavi di dare una risposta. Quando ci alzammo da quel tavolino, solo allora, ci accorgemmo della gente che era lì a discutere animatamente davanti a un giornale sportivo disteso sul banco. Ci guardammo sorridendo come se noi fossimo depositari di un segreto vissuto e capito nelle terre di Polonia. Ieri, caro Primo, dopo che un giornalista mi ha comunicato per telefono la tua dipartita, mi sono un poco ripreso sfogliando i tuoi libri.
Tra le pagine di "Il sistema periodico" ho trovato una tua lettera del 1983, e da questa ho forse capito il tuo gesto.
Mi scrivevi di tua madre quasi novantenne e ammalata, di tuo figlio che era partito per gli Stati Uniti lasciando un grande vuoto nella vostra casa, di te e di Lucia che vi sentivate come "tagliati fuori dal mondo".
Ma tu sentivi anche un vuoto personale. "E' un pò come se nel mio ultimo libro avessi spesi tutti i miei capitali. Per un futuro vedremo; per adesso, tanto per non far arrugginire il cervello e la macchina da scrivere, sto traducendo un libro di antropologia di cui non m'importa niente. Se vivessi come te sull'altipiano non avrei di questi problemi, mi metterei gli sci da fondo e via; ma qui è diverso; malgrado la crisi ci sono auto dappertutto, ferme o in moto, e solo per uscire dalla città ci vuole un'ora di lotta e di pazienza. E anche tutti i vecchi amici sono in crisi, chi per salute, chi per quattrini, chi per i figli che girano male. E' per questo che ti scrivo. Caro Mario, scusa lo sfogo, un giorno o l'altro mi rimetto in piedi ..." .
 Fra le cose più care ho anche due tue poesie; una è senza data e ha i versi scritti su un computer (già, il giorno che l'acquistasti mi telefonasti con entusiasmo, invitandomi a farlo anch'io, "è come un gioco, dicevi, in una giornata impari a usarlo anche tu !").
Avevi aggiunto con la tua calligrafia chiara e sottile: "Questa è inedita e temo che lo rimarrà a lungo. La dedico ad Anna". L'altra poesia è inserita in una lettera tutta manoscritta, dove tra l'altro dicevi: "So bene che fare poesie non è un mestiere tanto serio, ma mi prendo egualmente la libertà di mandarti questa che s'intitola "A Mario e a Nuto (1)":

"Ho due fratelli con molta vita alle spalle, nati all'ombra delle montagne hanno imparato l'indignazione nella neve di un paese lontano, ed hanno scritto libri non inutili. Come me, hanno tollerato la vista di Medusa , che non li ha impietriti. Non si sono lasciati impietrire dalla lenta nevicata dei giorni". 

E' per uso interno e privato... Ma io, oggi, la rivelo perchè tu, più di ogni altro, non ti sei lasciato impietrire "dalla lenta nevicata dei giorni".
Ieri, caro Primo, era una giornata splendida di primavera e le api raccoglievano polline e nettare dai crochi e dalle eriche. Ho visto il ritorno delle prime rondini e il bosco risuonava dei canti degli uccelli in amore.
Ma io piangevo perchè tu te n'eri andato.
Oggi il cielo è velato e un temporale gira per le montagne. Ma non piango più perchè ho nel cuore il tesoro che tu mi hai lasciato e che mi aiuta a essere meno stupido e meno cattivo. Ciao Primo, arrivederci tra quelle nostre montagne nascoste; te lo voglio dire, anche se tu sorridi mesto a questo mio "arrivederci".

(1) Nuto Revelli, Tenente della 46^ Comp. del Btg. Tirano, Divisione Alpina Tridentina.

MARIO RIGONI STERN
"Aspettando l'Alba"

La prova

Recensione de "La prova" di Marco Belpoliti
Capisco che possa essere stato pubblicato, ma che possa essere stato ri-pubblicato non riesco a comprenderlo.
Massimo rispetto per l’attento curatore dell’opera di Levi, ma questo libretto è proprio poca cosa. Qualche pagina piacevole ad esempio l’incontro con Stanisław Lem oppure quello con Rigoni Stern, ma tutto il resto è abbastanza disomogeneo. Sono appunti di viaggio molto “sconnessi” con dentro di tutto un po’ ma tutto un po’ inutile.
Si parla appunto di “libri non inutili” durante l’intervista a Stern, ecco questo mi pare sinceramente inutile. Perché raccontare quei due-tre sogni dell’autore, che attinenza hanno col resto? Che interesse possono avere per chiunque?
In alcuni tratti l'ho trovato anche irritante. Mi è sembrato uno scimmiottare la scrittura proprio di Levi laddove Primo si soffermava sui dettagli. Ma Levi scriveva in modo magistrale ed i "dettagli" erano interessanti! non le banalità che ho letto in questo libretto. Mah

vadi lei

Suona un tipo.
Scendo.
E' quello della Bofrost.
Giramento di palle.
Poi penso, vabbé cerca di sfangarla, poraccio.
Lo sto a sentire.
Sfoglia il catalogo e mi chiede dove faccio la spesa.
Al supermercato dico io.
Mi cade l'occhio su una pizza surgelata, costa 8.39E.
Sticazzi.
Lui mi dice che non vogliono cambiare le mie abitudini.
Manco mia moglie ci riesce, penso...
C'è un'offerta, dice.
Ah...
Se prendo tre prodotti ho uno sconto su qualcosa.
Ah...interessante.
E' comodo, Lei fa l'ordine e sabato passiamo a consegnare...
SABATO???
Questi sono coglioni. Sabato?
Vabbé continuo ad ascoltare.
"Noi vogliamo che Lei vadi ancora al..."
vadi? vadi? ha detto VADIIII?
"No grazie, non compro niente".