venerdì, ottobre 12, 2018

MAI NAGOYA

Entro nel ristorante Nagoya e chiedo di sedermi.
Il ristorante si presenta come "giapponese", ma è evidente, fin dal menu, che
l'unica cosa proveniente dal "sol levante" nel locale è forse il device per prendere le ordinazioni,
il resto rimanda tutto all'impero del dragone.

La cameriera sorride e gesticolando, ignorando totalmente la mia lingua, mi colloca praticamente di fronte ad un ragazzo che sta finendo di mangiare,
i tratti somatici mi fanno pensare che il ragazzo non sia italiano. In effetti scoprirò essere rumeno.
Mi siedo e lo saluto, lui risponde cordialmente.
Ci mettiamo a parlare e gli chiedo consigli su cosa prendere,
lui mi guarda e, in cattivo italiano, mi invita a prendere diverse portate e chiosa:
"Perché in Italia (sic) il cibo è il massimo". Frase surreale, considerando la location.

Capisco immediatamente di trovarmi di fronte ad un fuoriclasse.
Mi dice che per motivi di lavoro passa una settimana in Italia, ma lui vive in Inghilterra
dove il cibo fa schifo, in particolare "il cinese non è buono come qui" (secondo me è il contrario,
al netto che in teoria ci si trova in un giapponese).

Il ragazzo ha voglia di parlare, io di fargli domande.
Sommando le sue affermazioni mi rendo conto che le prime erano incomplete e
contraddette dalle ultime, ma fa lo stesso. C'è simpatia reciproca.

Quando trovo il personaggio che ogni frase è una sentenza inappellabile
io che alla sentenza arrivo, quando ci arrivo, solo dopo riflessioni e approfondimenti cervellotici, rimango affascinato.
Lo ascolterei per ore.
Non lo voglio mettere in difficoltà, né essere "lo stronzo" del caso, alla fine stiamo mangiando
insieme ed è piacevole il confronto.
Scopro che anche lui ha due figli, due bambine...o meglio, dopo dieci minuti mi è chiaro che
ne ha in realtà una e la moglie è in attesa della seconda, ma sono di nuovo dettagli.

Ha 37 anni, ma è evidente che ne ha viste parecchie, più del sottoscritto benchè io ne abbia qualcuno di più.
Mi sembra di capire che sia da molto in Inghilterra, in realtà, scopro poi, che è lì da soli due mesi.
Mi spiega, a mia domanda, che l'inglese lui l'ha imparato in TV in Romania dove i film non sono tradotti e,
dopo 6/7 anni, non devi più leggere i sottotitoli in rumeno...

In ogni caso non è uno stupido, tutt'altro.
La cosa meravigliosa è, forse a sua insaputa, la sua posizione politica.
E' molto più a destra di Salvini. La Germania è il male dell'Europa e l'Europa non serve a niente.
Mi dice che è stato in Italia molti anni ma che qui non ci può più stare per i costi esorbitanti,
vorrebbe aprire una attività, ma ti mangiano il 60% di tasse...

Adesso fa il tatuatore a Londra (forse lavora anche in una tipografia, il passaggio è stato un po' oscuro su questa seconda parte)
e mi mostra diverse foto e filmati che ritraggono le sue opere.
Si dimostra molto appassionato al suo lavoro, il primo tatuaggio se l'è fatto su se stesso e posso
vederlo sul suo braccio sinistro. Mi regala delle autentiche perle di saggezza parlando del suo lavoro, fino a divenire
poetico nel suo racconto della settantenne che decide, alla morte del marito, di farsi il primo tatuaggio in ricordo del
compagno scomparso oppure quando mi spiega, con efficacia, il momento preciso nel quale una persona, secondo lui (ma lui ovviamente non precisa che è solo una sua opinione),
decide di farsi il tatuaggio.

Ha una bella mano - "ci sono tanti più bravi di me", afferma per la prima volta in modo umile -
e i disegni sono sì improponibili, a livello di soggetto, ma realizzati benissimo.
Mi regala delle chicche, a suo modo, un po' su tutto: "E' bene non spendere soldi per i vestiti!"
dice, pur indossando un capo di Armani (taroccato? boh).

Parlando della Romania mi chiarisce che là non vuol tornare.
Perché? chiedo io.
Per via della gente di merda, mi dice.
Mi sento quasi in dovere di precisare che quella non manca manco qui,
ma lui non è d'accordo. Pare avere chiarezza delle storture che ci sono qui, ma anche delle cose belle (il clima, il cibo ecc)
e ne parla con dolcezza.

Passando all'Inghilterra afferma senza tema di esser smentito che lì la gente non si lava, e i colori sono tristi: c'è il marrone, il grigio...
Mi spiega che fa anche tatuaggi a domicilio e vede situazioni al limite della decenza a livello igenico.
Però lì si sta tranquilli.
Puoi decidere di lavorare di più o fare il tuo, di migliorare o di limitarti, come fa adesso
lui, di lavorare, tornare a casa a farti una cannetta e stare con la tua famiglia.

E' andato nella perfida (e sporca) Albione per permettere cure migliori alla figlia che non sta bene.
Non approfondisco il tema perché capisco che non è il caso, potrebbe non fare piacere, allora lui mi dice che è contento di essere lì perché vuole che il suo futuro sia migliore di com'è stato il passato.
Non vuole lavorare solo per vivere, ma vuole fare di più.
E' sicuro che arriverà il momento nel quale aprirà la sua attività.
Ha già in mente i primi investimenti da fare.
Non so se ce la farà, ma mi piacerebbe che fosse così.

Riceve una telefona: deve andare a fare un tatuaggio a Settimo, guarda caso la mia città.
Ci stringiamo la mano e uscendo mi dice che ha lasciato il caffè pagato per me.
Un piccolo gesto ma che capisco fatto con molta sincerità.
Una piccola gioia, in effetti.
"In bocca al lupo", gli dico
con la sua stessa sincerità.

venerdì, ottobre 05, 2018

Esordio

La devi vincere. La devi vincere.
E' quello che mi sono sempre ripetuto negli ultimi 27 anni, poco prima di iniziarla.
Non riesco proprio ad immaginare come sarà domenica.
Ci sarà ancora quella meravigliosa adrenalina? 
La predisposizione ad essere, letteralmente, "pronto a tutto" per portarla a casa, alla battaglia, quella concentrazione totale, per spuntarla, l'idea di "vincerla", come sempre, come unico approccio possibile, pur non "giocandola" mi pare, adesso, inadatta al nuovo ruolo...
però l'emozione c'è e, come mi spiegarono i vecchi un tempo, è una gran bella cosa che ci sia, in ogni esordio.
La devo vincere...
#OA