venerdì, aprile 28, 2023

Per scrivere poesia di Rainer Maria Rilke

Bisognerebbe saper attendere e raccogliere, per una vita intera e possibilmente lunga, senso e dolcezza, e poi, proprio alla fine, si potrebbero forse scrivere dieci righe valide. Perché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si acquistano precocemente), sono esperienze. Per scrivere un verso bisogna vedere molte città, uomini e cose, bisogna conoscere gli animali, bisogna capire il volo degli uccelli e comprendere il gesto con cui i piccoli fiori si schiudono al mattino.

Bisogna saper ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e congedi previsti da tempo, a giorni dell’infanzia ancora indecifrati, ai genitori che eravamo costretti a ferire quando ci porgevano una gioia e non la comprendevamo (era una gioia per qualcun altro), a malattie infantili che cominciavano in modo così strano con tante profonde e gravi trasformazioni, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare soprattutto, ai mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano assieme alle stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto questo.

Bisogna avere ricordi di molte notti d’amore, nessuna uguale all’altra, di grida di partorienti e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono. Ma anche accanto ai moribondi bisogna esser stati, bisogna essere rimasti vicino ai morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori a folate. E ancora avere ricordi non basta. Bisogna saperli dimenticare, quando sono troppi, e avere la grande pazienza d’attendere che ritornino. Perché i ricordi in sé ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, anonimi e non più distinguibili da noi stessi, solo allora può darsi che in una rarissima ora si levi dal loro centro e sgorghi la prima parola di un verso».

 dal romanzo «I quaderni di Malte Laurids Brigge» 1910

martedì, aprile 18, 2023

I Mezzi Po - Cronache delle genti di Po

 I "Mezzi" per me, settimese volgare, sono un luogo magico.




Ricordo una gita alle elementari...mi parve di passare, facendo pochi km, dagli anni '70 ai '50 in circa 15 minuti.
Il pullman si fermò, lo ricordo chiaramente, proprio davanti alla Chiesa di San Guglielmo Abate e davanti, dietro, ovunque, vedevo solo prati e anziani in bicicletta.
Un posto fatato, per me. Ci tornai spesso, ancora bambino, con mio padre e mio fratello, in bicicletta, per bere birra e gazzosa, nella giornata domenicale fuoriporta ascoltando gli aneddoti mirabolanti del "gris".
Ed è anche, e soprattutto, per questo che sono più di 30 anni che vado regolarmente a mangiare la carne alla brace al ristorante un tempo "dei cacciatori", oggi Ostu Dal Maslè. Ricordo la storica "signora" bionda, ahimè scomparsa da diversi anni seppur ancora giovane, che si prendeva cura di me, quando ventenne, ciucco perso, mi vedeva non star troppo bene...e non a caso, a Natale, si tornava, con Wolf, a farle un regalo per ringraziarla, prima di chiederle, dopo ogni cena: "e l'amaro della casa?" e lei tirava fuori un pintone ed elargiva un amaro autenticamente fatto in casa che sigillava la fine della serata prima del ritorno a piedi, in bici o in macchina.
In bici una volta, sempre io e Wolf, tornammo tagliando dai campi innevati, non si sa come, anche saltando i fossi.
Ovviamente oggi è tutto cambiato, in particolare quando torno e vedo i capannoni che hanno contaminato il panorama, però quando esco dal locale, ebbro, mi pare tutto esattamente come 43-44 anni fa o giù di lì.
Potenza del barbera e di sinapsi inguaribilmente romantiche.

Illustrazione:
Cascina ai Mezzi Po
di Alessandro #umoret
Dal libro "In riva al fiume - cronache delle genti di Po" di marco #volpatto #settimotorinese #Seto