mercoledì, ottobre 23, 2024

Noi quattro

Oggi sono stato dai miei per dare un po' di sollievo a mia madre, impegnata tutto il giorno nel seguire mio padre. Ho chiesto di poter esser io a dargli da mangiare. Amo farlo, è una "restituzione" concreta, ma anche simbolica. Il dare nutrimento, il prendersi cura della persona più importante della mia vita. Fa bene a lui, che apprezza il cibo anche se frullato, ma più a me. Non ama solo bere l'acqua con l'addensante, lì serra la bocca, è difficile fargliela aprire e serve tempo. Diversamente dal passato però, potendo fermarmi tutta la giornata, ho potuto apprezzare anche la bellezza di avere il tempo giusto, non risicato come al solito, per fare le cose. In particolare oggi si è ricreato, quando è arrivato anche mio fratello, un clima familiare, quello della famiglia d'origine, che non respiravo più da anni. L'ho apprezzato, l'ho assaporato. 

Questa storia ancora di più ovviamente mi ha fatto capire che ogni momento con le persone che ami va centellinato, meditato mai sprecato. Diventa tardi poi rimediare...Oggi eravamo di nuovo noi. Tutti e quattro, acciaccati, in modi decisamente diversi, ma pur sempre noi quattro, levigati dal tempo. Vivi. Non più a fare la lotta sul divano con papà, mentre mamma cucinava pietanze meravigliose, ma pur sempre insieme guardando un filmone, "Lo squalo". Papà allettato, io incriccato nel divano, mio fratello ad armeggiare un "home theatre" allestito da lui in modo artigianale. Mia madre collassata sul divano, quello in cucina, dopo aver mangiato piatti veloci ma sempre cucinati con il suo tocco inarrivabile. Insieme.

Quando poi sono andato via sono entrato nello studio dov'è presente il tecnigrafo di mio padre, ma a colpirmi di più è stato il cassetto in basso a destra dell'armadio marrone. In alto ho riposto le ciabatte, ma continuavo a guardare quel cassettino e mi sono ricordato che era quello dove erano racchiusi tutti i miei oggetti preziosi, quando ero bambino. L'ho aperto sognando di ritrovare tutto com'era, per tornare, anche per poco, a quegli anni là, delle cuscinate sul divano e degli abbracci, con noi bambini. Nel cassetto ci sono lacci e lucido da scarpe: non sono davvero tornato indietro nel tempo, non si può...




lunedì, ottobre 21, 2024

Las largas sombras

Ho finito l'altra sera di guardare la serie TV "Las largas sombras", basato sul racconto della scrittrice spagnola Elia Barcelò (libro dal primo novembre disponibile anche in italiano). Che dietro ci dovesse essere un romanzo, o meglio qualcuno che sapeva scrivere, l'ho pensato nell'ultima scena, una delle più suggestive, dell'intera serie. Esprime infatti bene quella nostalgia del passato che colpisce un po' tutti, almeno qualche volta nella vita.

In effetti è abbastanza, ma non del tutto, uno spoiler, sia chiaro.

Rita e Candela si salutano e chiudono la serie - immagino anche il romanzo - con questo dialogo:














R: Vieni con me a Londra...sul serio! Vieni, andiamoci insieme, eh...Candela.
C: No. Ti amo tantissimo e credo che sarò sempre un po' ossessionata da te.
R: Però...
C: Però, è finita.
Quello che abbiamo vissuto è stato bello, Rita, la cosa più bella che abbia provato in vita mia e ti giuro che ho passato anni a sognare questo momento, intendo con te qui chiedendomi di fare un tentativo.
R: Però...
C: Credo che entrambe sappiamo che non funzionerà.
No. Che nulla che ciò che vivremo sarebbe incredibile come allora.
E...io preferisco ricordarmi di quello, sai.
E poi io, io sono molto meglio come amica e anche tu....
R: Io no...
C: Non è vero
R: No, invece io sono molto meglio come fidanzata...
C: Non ci credi nemmeno tu

Trovo il termine "incredibile" perfetto.
E' così che in effetti io rivedo certi episodi che mi hanno coinvolto, nel passato, che poi non sono sempre incredibili, ma ai miei occhi così appaiono.
Perfetti in un certo senso, solo in quel momento, con quella persona, in quella circostanza e per me.

martedì, settembre 24, 2024

I consigli di un ex detenuto

1) Ricordati che mentre tu sei recluso, isolato, perfino fossi in infermeria, c’è chi altrove sta nel braccio della morte;

2) Non fare mai il conto alla rovescia, dimentica ogni possibile data di fine pena perché magistrati e destino possono giocare con te, trovare mille ragioni per spostare più avanti la tua liberazione;

3) Le giornate non devono sembrarti tutte uguali, devono essere tutte uguali.
Ogni variazione può rendere difficile la seguente.
Se leggi: lo stesso numero di pagine ogni giorno.
Se fai ginnastica: gli stessi esercizi.
Regola il sonno, regola tutto.
Rendi la vita ipnotica come una lancetta che scorre;

4) Impara una qualunque cosa che non conoscevi;

5) Non ricordare e non fantasticare, vivi nel presente, anche se è fatto di poco o nulla;

6) Ricordati che non sei innocente, comunque;

7) La fede aiuta, ma o ce l’avevi prima o non vale;

8) Prova con la telepatia, ma con una sola persona;

9) Finirà e quando accadrà abbassa la testa, ringrazia e vai.

giovedì, settembre 19, 2024

Incipit di "Storia di mia vita", Janek Gorzyca

 Questo sarà un breve racconto di mia esperienza sulla vita per strada. Tutto comincia nel 1998 di ottobre, io sto in una stanza a Campo dei fiori, contratto di lavoro scaduto, permesso di soggiorno uguale, ho un milione e mezzo di lire in tasca, e penso come riprendere tutto, ma non è facile.

Ad ognuno la sua vittoria, Limonov

Ieri Cineforum all'Eliseo con Oleg, di scena "Limonov" di Kirill Serebrennikov, 138 minuti di Eduard Veniaminovich Savenko (Dzerzhinsk, Nizhny Novgorod, 1943 - Mosca 2020) ben interpretato da Ben Whishaw.
Quando leggo "film visionario" inizio a preoccuparmi.
Come quando un saggio è presentato "come un romanzo" o una ricostruzione di un crimine "sulla falsariga di 'A sangue freddo'".
Il rammarico di non aver ancora letto Limonov di Carrère ieri sera s'è ridestato. Mi dicono (Roberto Cena) essere un bel libro e giudicare il film senza averlo letto mi pare ingeneroso, considerando l'apporto che il testo dà al film e la consulenza di Carrère stesso, che si concede anche un cameo nella pellicola, una vera chicca.
La prima perplessità è il "peso", ossia il tempo dedicato nel film alle diverse fasi della vita di Limonov. A me la parte "sovietica", quella del Limonov ragazzo, interessava moltissimo, e l'ho trovata affascinante, ma era ridotta, troppo veloce; quella newyorkese, molto-troppo jimmorrisoniana, forse più "facile" da rendere cinematograficamente (ma anche facilmente immaginabile quindi..."già vista" mi verrebbe da dire), predominante. Praticamente inesistente quella "francese" e fatta di corsa l'ultima russa, peraltro molto controversa e forse "pericolosa", lo dico con malizia ovviamente, da proporre.
In breve vista la vita pazzesca del protagonista, io l'avrei resa meno "visionaria" e più didascalica, step by step che poi con visionaria secondo me si intende, nel film, la finta morte che segna un passaggio significativo nella vita del protagonista e il dialogo forse immaginario nel bar, sempre a NY, con la sua ex.
Ecco la ex. Qui sta un altro grande problema. O meglio due.
Non possiamo non affrontare l'invadenza delle minne di Viktorija Mirošničenko. E il peso spropositato che hanno nella proposta cinematografica. Paradisiache, a pera ma enormi, materne, spregiudicate, magnificamente ballonzolanti. Una interpretazione, quella delle minne, che mi ha fatto innamorare, ma allo stesso tempo distrarre enormemente, io di questo film ricorderò solo e sempre le tette di Viktorija Mirošničenko. Tette tutt'altro che visionarie, molto concrete e sul grande schermo, vagamente 3D, hanno costituito una esperienza che lascerà il segno nella mia mente.
E nel mio cuore.

PS.: la citazione da non perdere: "I lavoratori sono i cornuti della storia"

giovedì, settembre 05, 2024

Il caso Redureau - Le circostanze attenuanti

Il libretto di André Gide, Il caso Redureau, parla di un ragazzino di quindici anni che uccise, nel 1913, in Francia, un'intera famiglia e la loro domestica, in totale 7 persone, si salvò un piccolino, Pierre Mabit, perché dormiva.
E' un libro che ho ordinato in biblioteca prima delle ferie e che si è dimostrato di incredibile attualità, dopo i fatti di Paderno Dugnano dove un diciassettenne ha ucciso padre, madre e fratellino. 

Il libricino si legge in fretta e una parte la voglio riportare perché mi pare particolarmente interessante e si sofferma su alcuni concetti ancora fondamentali come le "circostanze attenuanti" per il difficile ruolo - che era poi anche uno dei temi cari a Leonardo Sciascia - di chi deve giudicare.

L'avvocato Durand continua: "Il valore morale di una azione è subordinato al grado di libertà di colui che l'ha commessa". E cita questa frase di Villey:"La libertà: ecco la condizione e la giustificazione della responsabilità dell'uomo. E non intendiamo con questo una possibilità fisica di agire in un senso o in un altro; gli animali hanno questa libertà, e non ci si sogna di chiedere conto delle loro azioni. Intendiamo invece la libertà intelligente e ragionata. Ne risulta che due sono le condizioni che stanno alla base dell'imputabilità penale: l'intelligenza, nel senso di ragione morale che fornisce la nozione del bene e del male; e la volontà libera o libertà che permette di scegliere tra il bene e il male". "Senza libertà non c'è responsabilità", dice dal canto suo il professor Saleilles; e precisando cosa bisogna intendere per libertà continua: "La libertà è una condizione, la condizione dell'uomo padrone di se stesso". L'uomo non è responsabile quando è in stato di demenza; gli manca infatti l'intelligenza e la libertà. Non c'è allora né crimine né delitto dice l'articolo 64 del Codice Penale.

Pagine 63-64
Prima edizione Editori Riuniti /Sellerio editore
Maggio 1997

Marcel Redureau fu condannato a 20 anni di reclusione, pena massima per un minorenne
ma morì di tubercolosi, in recluso in colonia penale, nel febbraio del 1916.

mercoledì, agosto 07, 2024

Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo

 In Vecchie carte da gioco Rosellina Balbi affronta la questione di cosa significhi essere di sinistra. E soprattutto quella che definisce "la tragedia dell'eguaglianza". Conclude l'articolo così, sotto il mio evidenziatore giallo ben calcato:" Personalmente, sono ancora e sempre del parere che la distinzione da fare sia quella tra l'equaglianza e il diritto all'eguaglianza: la prima non esiste (per fortuna): ciascuno di noi deve fare la sua corsa e arrivare dove potrà, saprà e vorrà. Altra cosa è la parità delle condizioni di partenza: è questo che la sinistra deve ottenere, così come deve continuare a battersi perché la innegabile diversità tra gli uomini non diventi pretesto per la discriminazione e il sopruso dei forti nei confronti dei deboli".

pagina 147