venerdì, maggio 18, 2007

Distorsione dei modelli di riferimento per i giovani d'oggi

L’usabilità? Non serve a niente!

Anni fa, esattamente nell’anno del signore 2000, superata la gran paura del millennium bug, mi venne l’idea balzana di fare la tessera in videoteca per andare a prendere i film in prestito.
Settimo torinese, la mia ridente cittadina, non aveva ancora registrato l’arrivo di blockbuster, ma si viveva bene lo stesso. Forse perché era già stato aperto il McDonald presso il centro commerciale panorama. O forse, quasi sicuramente, perché il tempo trascorso rende il passato molto più accettabile di quanto non fosse nella realtà.
La tessera di “videoplus” la usai poi con una certa parsimonia, non per questioni economiche, come potrebbe dire la mia collega di ufficio che condivide sì la mia isola ma dimostra di conoscermi poco, ma per questioni di tempo. Pur non facendo mai nulla di particolare, ho sempre poco tempo per farlo.
Quando venne aperta una nuova videoteca a pochi metri da casa mia colsi l’occasione per risparmiare tempo e feci una nuova tessera.
Solo dopo diversi anni ho capito che la prima vantava un numero di titoli maggiori – non sto parlando dei porno dove il numero è pressoché identico…così mi ha detto un amico, almeno -
rispetto alla seconda. Ho quindi deciso di mettere un freno alla mia pigrizia, atavica, e sono tornato alle origini.
Ripresentatomi al vecchio negozio di video noleggio dopo anni di assenza, tutto era cambiato.
Il titolare mi dice che c’era stato un cambio di gestione nel 2004 e che quindi la mia vecchia tessera non era più valida “sa i dati non sono più disponibili, la privacy ecc”…
Accettato di buon grado il pippone, ho fatto una nuova tessera.
Il gentile nuovo titolare – NB: ricordo perfettamente che era sempre lui, anche sette anni fa! -
ha iniziato ad illustrarmi la fantastica opzione di prenotazione online ed il funzionamento delle macchine disponibili, per il prelievo “classico”.
“Perché sbattersi a progettare interfacce usabili? E’ inutile!”
mi sono detto dopo che il gentile nuovo-vecchio titolare mi spiegava:
”vai sul sito, il link è videoplus.it.
Vedrai tre voci.
Le prime due sono il catalogo dei porno e lo shop per i prodotti erotici.
Vai sulla terza scritta e clicchi sopra.
Dopo che hai fatto il click con il mouse, vai in una pagina.
In questa pagina sulla sinistra trovi una voce elenco.
Clicchi sulla scritta elenco se vuoi vedere l’elenco;
poi va …”

Non l’ho fermato spiegandogli che qualcosa sulle interfacce web sapevo e che, con buona probabilità, scusate l’arroganza, avrei trovato quello che cercavo anche nel caso di un sito progettato maluccio.
La spiegazione, quasi come un video a supporto delle operazioni da compiere, in realtà era divertente e, in ultima analisi, utile.
Ancora più interattiva la precisa disanima dei box posti nella sala, con tutte le operazioni compiute realmente dal titolare, utilizzando la sua tessera (“quando ti chiede ‘numero video’, tu metti il numero del video”…non l’avrei mai immaginato!?!)
Simpatica anche la mimica riferita all’apri/chiudi della porta del negozio.
Niente di virtuale, proprio quella che si trova fisicamente sull’uscio. O li vicino, insomma ci siamo capiti. Passi la supposta difficoltà per l’ingresso (“accosta la tessera al lettore”) ma l’indicazione del tipo che mi diceva: “quando sei dentro, per uscire gira la maniglia” mi è parsa ridondante.

Ma sembro davvero così tonto?
Bah, forse fa con tutti così!

venerdì, maggio 11, 2007

Come gli americani

C’è chi ama cambiare spesso l’auto e tenere, invece, sempre la stessa donna.
Io non amo cambiare auto. O meglio finché va, non me ne “preoccupo”, a dire il vero neanche me ne occupo salvo il cambio dell’olio, l’aggiunta periodica di benzina e quinquennali lavaggi quando mi fa troppo schifo entrarci.
Il cambiamento dell’autoveicolo è quindi un evento di una certa portata.
L’excursus storico sui cambiamenti passati non ricopre un grande interesse, ma mi fa piacere ricordare le varie A112, Ritmo, un paio di vecchi modelli BMW, Delta e soprattutto la compagna fedele e discreta di innumerevoli cazzate: la Fiat Punto 55S, verde garden, rigorosamente less optional.

Orbene questo evento oltre a costringermi a riflettere sul tempo che passa e farmi constatare che la testa invece è sempre quella della stagione calcistica 1987-88… - stagione peraltro interlocutoria - mi ha permesso di osservare un interessante cambiamento, radicale.
Sto parlando di quella che è vista, a seconda dei momenti e a seconda degli osservatori, come la madre, la matresse, la matrigna della nostra ridente città dei taurini: la Fabbrica Italiana Automobili
Torino. Sì! Ok! La Fiat è anche nota perché la dirigenza ama finanziare una squadra di calcio…mi pare però che al momento, quest’ultima, navighi tra le serie minori. Pare altresì, per onestà intellettuale, abbia conosciuto tempi migliori, prima dell’invenzione del telegrafo o era il telefono? B…Boh

Dieci anni fa andai a ritirare insieme al mio generoso sponsor, oggi orgoglioso UGAF, in quel di Beinasco la Punto “verda”.
Fummo accolti in maniera sbrigativa, ma non scortese, da vecchi dipendenti, stanchi probabilmente dopo una trentina d’anni di lavoro in fiat; qualcuno parlava solo in piemontese, trovando immediato feeling con lo sponsor, altri con un accento borbonico, egualmente “tipico” della città ci raccontavano che quella che stavamo aspettando era una bella macchinina.
Entrammo in un capannone vicino alla tangenziale e sentimmo il rumore della gente che lavorava e un operaio con la tuta blu sporca di nero venne a portarci l’auto. L’odore che si respirava era quello non troppo fastidioso dell’olio, della benzina anche del sudore, essendo una giornata calda. L’approccio virile, senza orpelli, diretto dell’operaio addetto alla consegna ci risultò appropriato e in linea con le nostre taciute aspettative, i dubbi sulla bontà dell’acquisto svanirono subito.

Entrare in un’auto nuovo è sempre piacevole…e qui si potrebbe fare, con tecnica circolare, un richiamo all’incipit ma “lasuma perdi”, come direbbe il grigio.

Il tutto si concluse in pochi minuti e gli step compiuti non risultarono troppi.
Venerdì 27 aprile 2007, giorno di paga, sono stato al “Motor Village” Fiat, a Mirafiori.
Ritira il numero, vai all’accettazione, fai la coda e inizia la trafila.
Aria condizionata, spazi aperti, puliti, musica, bianco, scelte di design, ragazzi all’apparenza stressati, consci della grandissima importanza del loro lavoro, senza inflessioni dialettali e rigorosamente con la divisa Lapo compliant. Maglietta azzurra, tricolore sul braccio. Sembra il personale di un catering di una convention di forza italia.
Il tutto è asettico. Con la mia tradizionale ambivalenza ricordo il capannone di 10 anni prima e i cambiamenti e sorrido ma allo stesso tempo mi dico che tutto l’ambaradan, alla fine, lascia una bella immagine. L’immagine è tutto! Il risultato è raggiunto, bravo Lapo.

La chicca però è questo dialogo.
Dipendente 40enne “in divisa”: “dovete passare al back-office”
Il grigio:”Andua?”
40enne:”come, scusi?”
grigio:”A n d u a ? ! ?”
40enne:”al becc offiss”
grigio:” Co a saria al bec, al bec..of?”
40enne:”deve andare in fondo, girare a destra poi a sinistra poi sempre dritto”
grigio:”devo andare nell’ufficio dove c’è il venditore…”
40enne:”Si”
grigio:”Ciamlu ufficio, alura…ma perché non lo chiama ufficio?”
40enne:”ehh…” (sorriso di circostanza).

In realtà al secondo “andua” devo ammettere che il gioco delle parti e, soprattutto, l’oggetto del contendere era chiaro a tutti…ma tutti hanno voluto interpretare la parte prevista.

arvezi