lunedì, febbraio 20, 2023

AGGANCIA LA FUNE DI VINCOLO

Quel giorno dovevo andare in chiesa per fare catechismo, "al posto" di mia figlia.
Nell'attesa ho telefonato ai "grigi" e ha risposto mia madre.
Ho poi parlato anche con mio padre e, come direbbe mia mamma, "l'ho trovato un po' giù".
La cosa, quando capita, mi fa sempre soffrire molto.

La notte successiva ho fatto un sogno bellissimo, eravamo in una Roma splendida e luminosa, non so perché proprio lì, ed ero con mio padre; Papà era com'è oggi, fisicamente, intendo, con tutti i suoi anni, ma il suo spirito era, invece, quello di trent'anni fa o giù di lì. Era il mio Papà invincibile che ci raccontava le cose, gli aneddoti, che invariabilmente erano sempre accadute vent'anni prima, quando di anni ne aveva poco meno di trenta.

Lo ricordo, per esempio, fiero della sua esperienza nei paracadutisti di cui spesso cantava le canzoni che anch'io ho presto imparato a memoria. Mio padre era, ed è, originale, molto divertente, ma anche serissimo, stimato, preciso sul lavoro ma sempre pronto alla battuta, allo scherzo, in una parola molto "simpatico" e ne ho avuto conferma nel recente viaggio a Latina, la città di mia madre, dove tutti lo ricordavano come lo ricordo io: un meraviglioso ciclone di battute, racconti, scherzi, dalla personalità debordante, travolgente, amato da tutti, anche nei suoi eccessi. Forse, ma l’ho capito solo oggi, anche per nascondere una malinconia di fondo che adesso, tende ad affiorare, ad essere più visibile.

Anni fa una pubblicità in TV di un qualche liquore statunitense, se non erro, in uno splendido bianconero, raccontava proprio il rapporto tra genitore e figlio, sottolineando che, una volta maturo, il figlio si scopre essere la copia del padre.

Non sta a me dire se sono simpatico e divertente anch'io, come lui, ma sicuramente amo scherzare su tutto, da sempre, e recentemente, sul lavoro, mi sono riscoperto uguale uguale a mio padre, avendo ricevuto attestati di stima e interpretando il lavoro come faceva lui, con dedizione, serietà, passione e grande impegno.

Tendo ad essere sempre molto critico, diventando, come dice mia moglie, "noioso", e critico lo sono sempre stato in primis con me stesso...
ma alla fine, anche se alla fine non sono e credo di esserci ancora abbastanza lontano, devo dire che dell'inprinting familiare ricevuto sono soddisfatto, anche perché, a mia volta, lo vedo nei miei meravigliosi figli.

La mamma è la mamma, manco si discute, ma per un figlio maschio il padre, anche se a volte può non esserci o può fare qualche errore, mentre la madre c'è sempre e, almeno nel mio caso, non sbaglia mai, è una figura chiave, insostituibile, il mio punto di equilibrio, sempre, non solo da bambino.



Quindi, grazie Papà!...e prendile 'ste cavolo di gocce.

mercoledì, febbraio 15, 2023

Perchè tifo "Turin"

Tifo "Turin" perchè da sempre l'hai tifà

per la squadra ca pòrta 'l nòm dla mia sità.

Perchè 'l color dla soa bela bandiera 

a respecia na passion fòrta e sincera:

Ross come 'l sangh, come 'l feu come 'l vin:

eccò perchè, cari amis, tifo "Turin".

Perchè a pòrta stampa sel sò scuèt

un-adle bestie pi bele: en torèt

En torèt ca raspa comn 'l pe la sabbia

e da le soe naris a sbufa tanta rabbia.

Rabbia 'd bataia contra ij "Matadòr"

ca son fòrse pi fòrt, ma genà dal "Tor".

Tocà sovens da tanti, tròpi colp de spà,

a l'è sempre arpiasse, a 'è sempre arpiasse, a l'è mai crolà.

Le £"Banderillas" dla sfortun-a pi sfacià

a l'han ferilo, si amis, ma mai massà.

La spa caj farà pieghè ij ginoj l'è 'n cor nen nà,

a son ancora fòrt ij sòj crij, le soe cornà.

E adess pi che mai continoa a marcè drit,

onest, coragioss e 'n sima a tutt: Polit.

Mister, gieufìgador: ment e brass del nòstr Torèt

regalene prest se i peudi: na copa, ne scudèt.

Noi dal bòrd del camp sempre pront a criè

con tanta passion sportiva: Toro Olè.

Perchè mi cherdo 'n Ti; perchè 't veui bin

per tut l'òn chi l'hai dit: Mi tifo "Turin".

(ritaglio di giornale trovato in un libro sul Torino in un mercatino dell'usato)

giovedì, febbraio 02, 2023

"Un vero classico" di Massimo Gramellini

Poche notizie mi rendono pessimista sul futuro come la caduta inarrestabile delle iscrizioni al liceo classico: il prossimo anno lo frequenterà appena il 5,8% degli alunni di terza media che proseguiranno gli studi. Il classico non è nello spirito del tempo, secondo cui la scuola serve solo a trovare lavoro. E poiché si pensa che il mondo di domani avrà più bisogno di tecnici che di umanisti, studiare l’Iliade sembra a molti una perdita di tempo. Avrei parecchio da obiettare su questo punto (fior di economisti e ingegneri provengono dal classico), ma prendiamolo per buono. Però non fin dall’adolescenza, dai.

A quattordici anni nessuno sa ancora chi è: invece di restringergli il campo, bisogna allargarglielo a dismisura. Tutte le passioni della mia vita le ho assaggiate a quell’età, comprese la musica e lo sport, di cui leggevo le cronache sotto il banco durante le lezioni più noiose. Ma erano le cronache di Gianni Brera, uno che sapeva coniugare il racconto della partita con l’epica di Omero. È vero, il classico non ti spiega «come» funziona il mondo, ma in compenso ti abitua a chiederti «perché». A capire le cause delle cose, a snasare il conformismo degli anticonformisti, ad addestrare i sensi e la mente per riuscire a cogliere la bellezza in un tramonto o anche solo in una vetrina. Il classico è come la cyclette: mentre ci stai sopra, fai fatica e ti sembra che non porti da nessuna parte. Ma quando scendi, scopri che ti ha fornito i muscoli per andare dappertutto.

✏️ Massimo Gramellini