lunedì, giugno 05, 2017

In ricordo di un amico

Nei giorni scorsi un grave lutto, un evento che probabilmente non si supera mai del tutto,
ha colpito un mio caro amico d’infanzia, la morte del padre.
Lo ricordo bene, “granatissimo” e orgoglioso dipendente della Fabbrica Italiana Automobili Torino, come mio padre e come quasi tutti “i padri”, a Settimo in quegli anni. All’epoca non c’era contraddizione tra le due cose. Altri tempi.

Voglio scrivere due righe per ricordarne la memoria e per ringraziarlo per il tempo che mi dedicò.
Purtroppo era malato da tempo e scherzando, tramite il figlio, l’avevo invitato, nel caso, di diventare della Juve, cosa difficile per lui cuore Toro, perché così se ne sarebbe andato uno dei loro…

Siamo a metà degli anni ‘80, si stipava la macchina, rigorosamente una FIAT, di ragazzini, ossia i suoi figli e alcuni dei loro amici tra i quali, sempre presente, il sottoscritto e si partiva per il Comunale.
Sempre stessa strada, passando dalla collina. Con la pioggia, con il freddo o col sole che bruciava.
Lui, oggi mi è chiaro, felice come un bambino, noi di più.
Si partiva molto presto, anche se non era necessario, diceva per trovare posteggio comodo, secondo me per assaporare ogni momento della giornata. Il tutto aveva qualcosa di rituale e, ai nostri occhi, di magico. Il profumo dell’erba e quello acre dei fumogeni, specie sotto il bandierone che copriva tutta la curva e, a squarciagola, all’improvviso si udiva il nostro urlo di battaglia:
“Forza vecchio cuore granata! Forza vecchio cuore granata!”
Poi, a contorno, la partita, tutta un’altra cosa, ovviamente, rispetto alla radiolina della sonnolenta periferia di Settimo Torinese, in televisione infatti, bei tempi, non facevano vedere nulla.
Il Torino del tempo era volitivo, non scarso come quello che avrebbe calcato i campi tra fine anni ‘90 e buona parte dei 2000…Noi però il futuro non lo ipotizzavamo, un po’ perché ragazzini e un po’ perché 20 anni di nulla come fai ad immaginarli? Ci facevamo guidare solo dal nostro entusiasmo, lui nicchiava, lasciava fare, ne aveva viste tante e ne sapeva tanto più di noi. Alcune sue battute sugli arbitri io, inesperto ed ingenuo, non le comprendevo appieno…ma quanto aveva ragione, col senno di poi!
Si andava sempre in Maratona, sciarpe al collo, io cercavo di portare tutti sempre un po’ più al centro, per gridare di più, per tutta la partita ovviamente. Il giorno dopo si doveva andare a scuola senza voce.
Lui non gridava, ma si incazzava più di noi. E’ una “malattia” la nostra che in effetti è così, più invecchi più ti entra dentro e non va più via...
Spesso si vinceva, a volte si perdeva ed allora la disamina in auto era ricca di scontri e di polemiche tra di noi, e sempre alla fine c’era il suo confronto inclemente con quelli dello scudetto del ’76; il Grande Torino era troppo sacro per essere chiamato in causa e non lo si faceva mai. In particolare a uscirne a pezzi erano gli attaccanti: “Pulici quel goal lo faceva ad occhi chiusi!” oppure “Graziani ne faceva tre!”…”Tre ne faceva!” insistendo e ripetendo, com’era solito fare, le ultime parole pronunciate, per dargli ancor più forza.
Noi tendevamo ad arrabbiarci un po’ per la severità del suo giudizio e a difendere i “nostri” paladini, benché ovviamente più scarsi dei “suoi”.
Mi vengono i brividi nel ricordarlo ed è difficile trattenere le lacrime quindi…
Grazie di tutto e buon viaggio Bruno!