giovedì, marzo 17, 2016

Frauen

Scusate, vorrei scrivere un post alla Michele Angheleddu, qualcosa di semi-colto che sostanzialmente non frega niente a nessuno.
Lo so che tutti, con prospettive diverse, stanno ancora pensando al goal di Mueller al 91°,
ma tant'è è anche un modo per non pensare alla mattanza che ci attende domenica...

Ho appena finito di leggere il formidabile "Frauen", un libro che la statunitense Alison Owings
pubblicò nel 1993, edito in Italia da Mursia e di non facile reperibilità.
La dritta me la diede Martin Amis.
Stavo leggendo il suo inutile "La zona d'interesse", quando, una volta deciso che non avrei terminato il supplizio di quella lettura, sono andato a ravanare nella bella bibliografia.

Il libro della Owings è un capolavoro, raccoglie una serie di interviste che l'autrice fece alla fine degli anni '80 a donne tedesche sopravvissute alla seconda guerra mondiale, ebree perseguitate, naziste tiepide e più convinte, oppositrici, una guardia di un campo di concentramento.

Le pagine sono dense di avvenimenti, ricordi ed emozioni. Di non facile lettura, se non motivati.
Gli spunti interessanti sono innumerevoli, uno dei concetti più stimolanti è quello dello "Hausjude"[l'ebreo di casa], ossia una scappatoia psicologia, tra le diverse, che molte tedesche (e tedeschi)
si inventarono o elaborarono per sottrarsi al peso delle loro responsabilità.
L'Hausjude era un ebreo, quasi sempre uno solo, che, nei ricordi, era stato aiutato o, in generale, benvoluto (o non condannato con una delazione).
Grazie a quel ricordo positivo potevano dichiararsi non antisemiti.
Ecco quest'aspetto psicologico mi pare decisamente interessante e meritevole di riflessione
appena venuto meno il godimento immenso del 4-2 di ieri sera.

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