lunedì, marzo 16, 2009

contraltare

[...] la cultura degli esili, religiosi Indiani, che vivevano senza denaro e senza costruzioni durevoli, semplici e attaccati alla terra...cacciando, mettendo trappole, pescando, seminando granturco...pregando in solenne ringraziamento per la tersa, breve vita concessa loro in questo universo. Provo un tale amore per questi selvaggi politeisti della mia mente...per questi amici della luce e delle foglie...per questi uomini liberi...una tale invidia per le storie inadeguate che si raccontavano l'un l'altro, per le loro tassonomie, le loro cosmologie...per i loro bei sogni sul mondo in cui si trovavano e su chi lo reggeva...

pag 164 e 165, l'acquedotto di new york, e.l.doctorow

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