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martedì, settembre 14, 2021

Sul carro del vincitore

Fuga dal carcere

1944
La liberazione
di Giovanni Roveda

Piccola recensione di un libro che mi è piaciuto, pur senza essere particolarmente notevole.
E' un libricino che si legge velocemente, ben scritto; sono solo 139 pagine ma appunto il libro è stampato su un formato ridotto (Collana Piccola libreria di Neri Pozza), tascabile quindi la lettura è veloce.
L'autore è Gianfranco de Bosio, regista veronese, quasi centenario, partigiano, che ha raccontato la sua esperienza riferita al periodo della resistenza in particolare a Verona.
Nel luglio del 1944, con un colpo di mano (al quale comunque l'autore non prese parte diretta), venne liberato dal Carcere scaligero degli Scalzi il sindacalista Giovanni Roveda, poi sindaco di Torino.

Paradossalmente, la parte finale, quella della liberazione dal carcere m'è parsa quella meno approfondita, tratteggiata con fretta.
Da notare la bella chiusura finale dove, a pagina 133, l'autore, persona dura e schietta, scrive: "L'ipocrisia mi fu lampante già pochi giorni dopo: il 5 maggio furono convocati in Arena tutti i partigiani del Veronese per la consegna delle armi alle nuove autorità. Si presentò una folla esultante con le più strampalate divise e armi di ogni sorta. Ma nei mesi vissuti in clandestinità, nel costante pericolo di essere arrestati, torturati, uccisi, a combattere per la libertà eravamo una manciata di uomini, una minoranza malvista dai più. Poi all'improvviso, appena finita la guerra, in Arena c'erano diecimila persone! Noi pochi veri combattenti per la libertà restammo a bocca aperta, increduli: troppi erano divenuti partigiani entusiasti all'ultimo momento. Preferii allontanarmi, disgustato. Ancora una volta, come alla dichiarazione di guerra, l'opportunismo vigliacco stravinceva.
Quella fu per me una lezione bruciante: da allora la politica non mi ha più attratto, e preferii lasciarla per seguire la mia vera vocazione: il teatro".


Gianfranco De Bosio, Fuga dal carcere, Piccola Biblioteca Neri Pozza 2021

giovedì, agosto 30, 2018

"Resto qui" di Marco Balzano. Sospensione dell'incredulità?

Ho letto il libro e mi è piaciuto. E' scorrevole, interessante e la vicenda è originale.
Senza voler essere pedante, pur sapendo di esserlo, vi ho però trovato alcuni limiti. Parlare di "capolavoro" mi pare quindi eccessivo.
Quando si guarda un film o si legge un libro, in particolare se trattasi di romanzo ambientato nel passato, è fondamentale calare, con tutte le scarpe, lo spettatore e/o il lettore in quella dimensione narrativa. Io voglio immaginare di essere effettivamente nel 156 a.C. o nel 1905, ma quando vedi, in un film poco curato, che l'antico romano porta al polso un orologio al quarzo o quando leggi che il protagonista del romanzo ambientato nei primissimi anni del '900 fu salvato dalla penicillina, tutto questo scema miseramente.
Qualcosa di analogo mi è capitato leggendo di "Jeep" e, ipoteticamente possibili ma improbabili, "Caterpillar".

Faccio un breve elenco di alcuni punti che non mi hanno convinto:
- i personaggi secondari sono poco delineati, per esempio il figlio di Trina che in realtà assume posizioni anche rilevanti non risulta alla fine credibile: è una stampella al racconto principale, chiamato in causa quando serve. Il cambiamento delle sue idee e delle sue decisioni non è seguito in alcun modo.
- Marica è finita nel nulla, va bene.
Ma rimane un evento implicito, ossia ad un certo punto non se ne parla più: a fine libro mi sono chiesto se mi ero perso un pezzo.
Scrivimi che quella stronza di Marica, non si capisce proprio perché l'abbia fatto (una mezza ipotesi me la puoi buttare lì?), è fuggita di nascosto per sempre.
- Nei ringraziamenti finali si citano alcune persone che hanno letto il libro. Adesso io mi chiedo ma a nessuno, Cristo, è venuto in mente che  parlare 4-5 volte di jeep è un banale anacronismo storico? Nel racconto i carabinieri e il regio esercito italiano - prima dell'8 settembre '43 -  erano dotati di questo veicolo introdotto in Europa dalle truppe statunitense solo nel 1944...il termine stesso "jeep" non ti fa accendere una lucina? E' una parola italiana? E' tedesca?
Bastava un controllo su internet di 1 minuto per verificare l'errore e non catapultarmi in 5 secondi dagli anni quaranta ad agosto 2018 comodamente sdraiato sì nel mio letto, ma con 35 gradi fuori (40 percepiti). Echecazzo.

martedì, luglio 20, 2010

il voltagabbana del duemila

nel 1993 berlusconi dichiarò che a roma, nelle elezioni di fine anno, se avesse potuto votare per l'elezione del sindaco, avrebbe optato per gianfranco fini e non per quel figo di rutelli.
seguirà, come noto, il partito azienda "forza italia" (grazie al gran lavoro di dell'utri) e la "discesa in campo", il "milione di posti di lavoro" e il "nuovo miracolo italiano"...che forse si è concretizzato: c'è gente che ti paga la casa di nascosto, che ti offre le picie (la parola è un idiotismo, difficilmente traducile. volendo si può usare il termine puttana, escort, mignotta, bella di notte, graziosa, peripatetica, passeggiatrice, squillo, cortigiana o, il mio preferito, zoccola) che ti fa sniffare a scrocco che è gentile con te, specie se ricopri un posto di rilievo, di potere dal quale elargire poi favori e mantenere promesse.

da quel momento il ragazzo di bologna e l'MSI vengono sdoganati, escono dal ghetto nel quale la repubblica fondata sull'antifascismo li aveva messi, salvo "recuperi a tempo determinato" quando i voti missini potevano servire, vedi il referendum sul (o meglio "contro il") divorzio...dove comunque furono irrilevanti alla fine.
l'opera che giorgio almirante aveva cercato di realizzare, ad esempio con il progetto "destra nazionale", riesce al delfino, in barba alle posizioni più radicali e coerenti di pino rauti e alla storia del partito di estrema destra e alla volontà della "base".
Fini, freddo voltagabbana, inizia con calcolo da ragioniere a rivedere una per una le proprie posizioni e a riscrivere le proprie enfatiche dichiarazioni (leggere "il fascista del duemila") passando dall'omaggio a preddappio a quello per le vittime delle fosse ardeatine, fino ad indossare la kippah in israele.

le vicende degli ultimi anni sono di fresca memoria, la svolta di fiuggi e poi quella del predellino, dall'MSI ad AN, da AN al PDL. sigle vuote, al pari, senza voler essere qualunquista, di altre (unione, PDS, DS o PD. ulivi, margherite, stelle alpine e quant'altro).
le comiche degli ultimi anni sono esilaranti: gianfrà fa una finta opposizione interna e passa per "illuminato", gran politico di professione, dicendo enormi banalità a fronte degli intrallazzi più abnormi, conclamati e scellerati di 150 anni di Italia. a sinistra (centro sinistra, sinistra soft) si apprezza la "svolta" finiana, in assenza di una qualsiasi opposizione non dico ferma, ma almeno credibile.
tutti a dire ma quant'è equilibrato, serio e bravo il presidente della camera, sembra "un leader di sinistra". assurdo.
adesso l'ultima vergognosa riscrittura.
frase finta, decisa a tavolino come tutto il resto.
fini va a palermo, nel giorno della commemorazione di borsellino e falcone, unici ed autentici servitori ed eroi (diffidate dalle imitazioni) dello stato, e dice la cosa più vergognosa che poteva dire su mangano, lo stalliere di arcore l'eroe di silvio e marcello: "E' un cittadino italiano condannato per mafia, non un eroe".
E' evidente che mangano non è null'altro che un mafioso, ma
non lo puoi dire dopo averlo omesso sempre e da SEMPRE!
evidentemente, come sempre, la posizione di gianfrà è esclusivamente
funzionale alla polemica del momento.
chi enfatizza o approva, si compiace o esulta
per le parole di uno storico voltagabbana confonde la forma
con la reale sostanza delle cose.
a' gianfà, e falla finita...

giovedì, settembre 11, 2008

titoli evocativi






Sign for Salviamo la remainders




perché salvarla?
ad esempio vi potremmo trovare (e poi leggere) un libro che, fin dal titolo, evoca e dirime molte delle questioni sulle quali in questi giorno si discute animatamente.
parlo di "Una guerra civile" di Claudio Pavone.