lunedì, giugno 05, 2017

In ricordo di un amico

Nei giorni scorsi un grave lutto, un evento che probabilmente non si supera mai del tutto,
ha colpito un mio caro amico d’infanzia, la morte del padre.
Lo ricordo bene, “granatissimo” e orgoglioso dipendente della Fabbrica Italiana Automobili Torino, come mio padre e come quasi tutti “i padri”, a Settimo in quegli anni. All’epoca non c’era contraddizione tra le due cose. Altri tempi.

Voglio scrivere due righe per ricordarne la memoria e per ringraziarlo per il tempo che mi dedicò.
Purtroppo era malato da tempo e scherzando, tramite il figlio, l’avevo invitato, nel caso, di diventare della Juve, cosa difficile per lui cuore Toro, perché così se ne sarebbe andato uno dei loro…

Siamo a metà degli anni ‘80, si stipava la macchina, rigorosamente una FIAT, di ragazzini, ossia i suoi figli e alcuni dei loro amici tra i quali, sempre presente, il sottoscritto e si partiva per il Comunale.
Sempre stessa strada, passando dalla collina. Con la pioggia, con il freddo o col sole che bruciava.
Lui, oggi mi è chiaro, felice come un bambino, noi di più.
Si partiva molto presto, anche se non era necessario, diceva per trovare posteggio comodo, secondo me per assaporare ogni momento della giornata. Il tutto aveva qualcosa di rituale e, ai nostri occhi, di magico. Il profumo dell’erba e quello acre dei fumogeni, specie sotto il bandierone che copriva tutta la curva e, a squarciagola, all’improvviso si udiva il nostro urlo di battaglia:
“Forza vecchio cuore granata! Forza vecchio cuore granata!”
Poi, a contorno, la partita, tutta un’altra cosa, ovviamente, rispetto alla radiolina della sonnolenta periferia di Settimo Torinese, in televisione infatti, bei tempi, non facevano vedere nulla.
Il Torino del tempo era volitivo, non scarso come quello che avrebbe calcato i campi tra fine anni ‘90 e buona parte dei 2000…Noi però il futuro non lo ipotizzavamo, un po’ perché ragazzini e un po’ perché 20 anni di nulla come fai ad immaginarli? Ci facevamo guidare solo dal nostro entusiasmo, lui nicchiava, lasciava fare, ne aveva viste tante e ne sapeva tanto più di noi. Alcune sue battute sugli arbitri io, inesperto ed ingenuo, non le comprendevo appieno…ma quanto aveva ragione, col senno di poi!
Si andava sempre in Maratona, sciarpe al collo, io cercavo di portare tutti sempre un po’ più al centro, per gridare di più, per tutta la partita ovviamente. Il giorno dopo si doveva andare a scuola senza voce.
Lui non gridava, ma si incazzava più di noi. E’ una “malattia” la nostra che in effetti è così, più invecchi più ti entra dentro e non va più via...
Spesso si vinceva, a volte si perdeva ed allora la disamina in auto era ricca di scontri e di polemiche tra di noi, e sempre alla fine c’era il suo confronto inclemente con quelli dello scudetto del ’76; il Grande Torino era troppo sacro per essere chiamato in causa e non lo si faceva mai. In particolare a uscirne a pezzi erano gli attaccanti: “Pulici quel goal lo faceva ad occhi chiusi!” oppure “Graziani ne faceva tre!”…”Tre ne faceva!” insistendo e ripetendo, com’era solito fare, le ultime parole pronunciate, per dargli ancor più forza.
Noi tendevamo ad arrabbiarci un po’ per la severità del suo giudizio e a difendere i “nostri” paladini, benché ovviamente più scarsi dei “suoi”.
Mi vengono i brividi nel ricordarlo ed è difficile trattenere le lacrime quindi…
Grazie di tutto e buon viaggio Bruno!

giovedì, maggio 25, 2017

Il Paese anormale dove Moggi comanda - Sentenza 36350/15 Cassazione

Per non dimenticare, rileggiamo questo pezzo di Serra del 2006 e rileggiamole le motivazioni della Sentenza della Corte Suprema di Cassazione del 2015.

Il Paese anormale dove Moggi comanda
di MICHELE SERRA 
(la repubblica 5 maggio 2006)
La cosa veramente triste, leggendo le intercettazioni telefoniche di Luciano Moggi con alcuni dei suoi amiconi preferiti, è che sono esattamente come le avremmo immaginate. Nel lessico, nelle intenzioni, nello spirito: ricalcate sulle nostre supposizioni ordinarie. Né migliori, né peggiori. 

Sono, senza scampo, senza sorprese, la sceneggiatura già mille volte scritta, mille volte recitata, di un potere italiano trafficone e ruffiano che essendo del tutto all'oscuro del binomio diritti/doveri vive, si muove e si assesta attorno al binomio favori/sgarbi. Un mondo di comparaggi e padrinati (dunque, e lo si sottolinea sempre troppo poco, un mondo esclusivamente maschile, e familista, e sostanzialmente arcaico) sempre in bilico tra illegalità da accertare e un molto accertato squallore. 

Come spesso accade nel nostro difficile Paese, diventa complicato perfino parlare di moralità in presenza di mentalità e persone che, esplicitamente, considerano perfettamente legittimo, e forse perfino lodevole, avvolgere i propri interessi di bottega in un fitto bozzolo di protezioni, raccomandazioni, strizzate d'occhio. Come spiegare a un direttore sportivo già chiacchieratissimo che non è proprio il caso di parlare con il designatore degli arbitri (cioè con la più delicata delle istituzioni calcistiche) come se fosse suo compare d'affari? E come spiegare al designatore degli arbitri che spetterebbe proprio a quelli come lui rimettere quelli come Moggi al loro posto, quando è evidente che tra i due la spalla, il sottoposto, è proprio il signor designatore? 

In conversazioni di questo genere - come già in quelle, giustamente proverbiali, dei furbetti del quartierino - non echeggiano mai quelle frasi che certificherebbero il buono stato di salute etica, o forse solo di salute mentale, di una comunità: mai uno "stia al suo posto e non si permetta", mai un "ma si rende conto che esistono delle regole?". Nessuno che infranga, anche solo verbalmente, quell'insopportabile patina di complicità, di "diamoci una mano", che fa da tinta madre a tutti i più unti canovacci nazionali. 

Ovunque un "tu" piacione e colloso, un clima da eterna rimpatriata (e si immaginano i ristoranti, i bavaglioli, le risate grasse) e una furbizia greve, da commedia dell'arte: quella stessa che poi vediamo, ripulita dei suoi quadri più inconfessabili, nei peggiori talk-show calcistici, dove "l'amico Moggi" da anni ammannisce a una platea spesso estasiata oscure facezie e sorridenti minacce, una specie di andreottisimo però imbertoldito, un'imitazione popolaresca del Potere che è parodia però senza saperlo. In fondo soprattutto penosa, e penosa non tanto perché rimanda a probabili prepotenze calcistiche, quando perché incarna (altro che calcio...) la vecchia furbizia contadina italiana appena appena camuffata, incravattata di fresco, e riscodellata in video per la gran gioia di chi non vuole fare la fatica di pensarci diversi, noi italiani, da questo stucchevole arrangiarci da subalterni: da servi, altro che da potenti. (Che la furbizia sia caratteristica servile, e mai signorile, è la sola fondamentale scoperta politica che milioni di italiani devono ancora fare). 

E il tutto, poi, si badi bene, ben radicato e fiorito lungo 
il corso degli anni alla corte della sola accertata monarchia borghese d'Italia, la Juventus dello "stile Juventus", gli Agnelli dello "stile Agnelli". Le cui giovani leve, esauriti i dovuti vizi di crescita, si spera possano dare una sterzata all'andazzo, vincendo mezzo scudetto di meno, magari, ma guadagnando un minimo di "immagine", parola così di moda che sempre più spesso ci si dimentica che forse significa qualcosa. 

Tanto, Moggi un altro lavoro lo troverebbe di sicuro: il calcio italiano, e il Paese in genere, non pare abbiamo i normali anticorpi bastanti a difendersi dai prepotenti e dai furbi. Difatti, suscitando altri tremiti in altri ambienti attenti allo stile, ogni tanto corre la voce che l'indubitabile signore Moratti voglia portarlo all'Inter, questo fenomeno della telefonata giusta. 
Speriamo di no. Ma non stupiamoci se è sì.--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

La Sentenza 36350/15 della Corte Suprema di Cassazione (è al vertice della giurisdizione ordinaria italiana, non è giustizia sportiva...
), 
precisa come andarono le cose.

venerdì, marzo 17, 2017

Lettera

“LA MEDUSA NON CI HA IMPIETRITI”
"Lettera" di Mario Rigoni Stern all'amico Primo Levi
(dal libro "Aspettando l'Alba")

Valgiardini 12 aprile 1987
Caro Primo,
Questa è una lettera che ti debbo per vecchia amicizia.
Ti avevo scritto dopo aver letto il tuo ultimo libro e ti dicevo della mia solidarietà e di come il tuo saggio così intelligente e spietato mi avesse riportato tali e tante sofferenti memorie da levarmi il sonno; quel sonno che tu ora hai ritrovato e che ti auguro simile a quello di quando ragazzi nelle sere di primavera ci si addormentava all'improvviso dopo aver tanto giocato all'aria nuova.
Ma tu, ieri, non avevi giocato all'aria di primavera e forse a farti dormire così, a farti chiudere gli occhi su questo mondo indifferente e venefico, è stata la stanchezza di quella lontana stagione del 1945.
Sono ormai tanti anni che ci conosciamo, più di trenta (erano appena usciti i nostri due primi libri), e una vigilia di Natale a chi ti intervistava esprimesti il desiderio di trascorrere con me la notte del 25 dicembre, in un rifugio tra le montagne sepolte dalla neve. Ti scrissi subito: "Vieni, andremo a camminare per nevi incontaminate su per la montagna; accenderemo il fuoco dentro un bivacco e staremo in silenzio a guardare le fiamme: non avremo bisogno di spumanti e di panettoni, nè di suono di campane; a noi basterà la compagnia del fuoco".
Non venisti, allora, perché i legami del lavoro e della famiglia ti tenevano a Torino.
Ma un giorno di primavera - era come oggi la stagione - arrivasti con Lucia. Guardammo insieme le arnie delle api, ti mostrai i favi che gocciolavano miele, la regina, la covata, i fuchi, le operaie intente ai loro lavori. Tu con ironica sapienza frenavi il mio entusiasmo dilettantesco e con ragionamento logico ridimensionavi il lavoro e l'ordinamento della società delle api. Poi andammo per un sentiero poco lontano da casa a vedere i caprioli; mi chiedevi dei fiori, degli arbusti, degli alberi, dei funghi, degli animali silvestri.
Tutto questo era bello, ma ogni tanto tra noi scendeva un silenzio improvviso che non era per ascoltare i rumori e le voci della natura, ma perchè la tua e mia presenza, reciprocamente, rievocavano i fantasmi di un' altra primavera che, seppur lontana, avevamo vissuto con simili esperienze.
Così una mezza frase, una parola in tedesco, in russo, polacco, o yiddish, scendeva tra noi provocando una sorte di timoroso pudore.
Quante volte, Primo, in questi ultimi anni ti dicevo: "Vieni, andremo per boschi dove non incontreremo gente estranea; cammineremo sul muschio tra il verde cupo come sul fondo del mare; oppure con gli sci tra il silenzio luminoso, e questo ti farà dimenticare l'angoscia di Auschwitz, e gli impegni di lavoro e della famiglia". Come per un breve periodo ti era capitato durante un' estate.
Eri stato in un luogo fuori mano delle montagne valdostane che con nostalgia mi raccontavi: qualche laghetto a duemila metri che rispecchia il cielo; pascoli da camosci fioriti di genziane, anemoni, soldanelle, miosotis; lenzuola di neve sui fianchi dei monti; ghiacciai sulle vette intorno. E' un posto sconosciuto ai turisti e che anch'io conosco; avevamo progettato di ritornarci insieme per sostare, camminare, arrampicare, guardare le stelle e godere il sole. Sarebbe stato l'opposto del campo di concentramento.
Ma forse anche un luogo come questo non avrebbe allontanato i ricordi e i fantasmi.
Un pomeriggio d'inverno mi trovai a Torino, era il momento del traffico più intenso e la nebbia scendeva lungo i corsi e si arrampicava per le finestre dei palazzi. Ti telefonai. Uscisti di casa e c'incontrammo in via Roma e poi, ti ricordi, siamo andati a camminare tra la gente. Mi raccontavi della tua infanzia, di un negozio dove si vendevano a metri le stoffe e le tele, e di un dialetto che ormai più nessuno capisce. Entrammo anche in un bar nei pressi di corso Re Umberto e stemmo li seduti per qualche ora a parlare.
Il discorso cadde sugli usi e i riti delle tradizioni ebraiche. Ricordo che letteralmente bevevo le tue parole ed era come se un mondo antichissimo e saggio mi si aprisse davanti per la prima volta. A ogni mia curiosità cercavi di dare una risposta. Quando ci alzammo da quel tavolino, solo allora, ci accorgemmo della gente che era lì a discutere animatamente davanti a un giornale sportivo disteso sul banco. Ci guardammo sorridendo come se noi fossimo depositari di un segreto vissuto e capito nelle terre di Polonia. Ieri, caro Primo, dopo che un giornalista mi ha comunicato per telefono la tua dipartita, mi sono un poco ripreso sfogliando i tuoi libri.
Tra le pagine di "Il sistema periodico" ho trovato una tua lettera del 1983, e da questa ho forse capito il tuo gesto.
Mi scrivevi di tua madre quasi novantenne e ammalata, di tuo figlio che era partito per gli Stati Uniti lasciando un grande vuoto nella vostra casa, di te e di Lucia che vi sentivate come "tagliati fuori dal mondo".
Ma tu sentivi anche un vuoto personale. "E' un pò come se nel mio ultimo libro avessi spesi tutti i miei capitali. Per un futuro vedremo; per adesso, tanto per non far arrugginire il cervello e la macchina da scrivere, sto traducendo un libro di antropologia di cui non m'importa niente. Se vivessi come te sull'altipiano non avrei di questi problemi, mi metterei gli sci da fondo e via; ma qui è diverso; malgrado la crisi ci sono auto dappertutto, ferme o in moto, e solo per uscire dalla città ci vuole un'ora di lotta e di pazienza. E anche tutti i vecchi amici sono in crisi, chi per salute, chi per quattrini, chi per i figli che girano male. E' per questo che ti scrivo. Caro Mario, scusa lo sfogo, un giorno o l'altro mi rimetto in piedi ..." .
 Fra le cose più care ho anche due tue poesie; una è senza data e ha i versi scritti su un computer (già, il giorno che l'acquistasti mi telefonasti con entusiasmo, invitandomi a farlo anch'io, "è come un gioco, dicevi, in una giornata impari a usarlo anche tu !").
Avevi aggiunto con la tua calligrafia chiara e sottile: "Questa è inedita e temo che lo rimarrà a lungo. La dedico ad Anna". L'altra poesia è inserita in una lettera tutta manoscritta, dove tra l'altro dicevi: "So bene che fare poesie non è un mestiere tanto serio, ma mi prendo egualmente la libertà di mandarti questa che s'intitola "A Mario e a Nuto (1)":

"Ho due fratelli con molta vita alle spalle, nati all'ombra delle montagne hanno imparato l'indignazione nella neve di un paese lontano, ed hanno scritto libri non inutili. Come me, hanno tollerato la vista di Medusa , che non li ha impietriti. Non si sono lasciati impietrire dalla lenta nevicata dei giorni". 

E' per uso interno e privato... Ma io, oggi, la rivelo perchè tu, più di ogni altro, non ti sei lasciato impietrire "dalla lenta nevicata dei giorni".
Ieri, caro Primo, era una giornata splendida di primavera e le api raccoglievano polline e nettare dai crochi e dalle eriche. Ho visto il ritorno delle prime rondini e il bosco risuonava dei canti degli uccelli in amore.
Ma io piangevo perchè tu te n'eri andato.
Oggi il cielo è velato e un temporale gira per le montagne. Ma non piango più perchè ho nel cuore il tesoro che tu mi hai lasciato e che mi aiuta a essere meno stupido e meno cattivo. Ciao Primo, arrivederci tra quelle nostre montagne nascoste; te lo voglio dire, anche se tu sorridi mesto a questo mio "arrivederci".

(1) Nuto Revelli, Tenente della 46^ Comp. del Btg. Tirano, Divisione Alpina Tridentina.

MARIO RIGONI STERN
"Aspettando l'Alba"

La prova

Recensione de "La prova" di Marco Belpoliti
Capisco che possa essere stato pubblicato, ma che possa essere stato ri-pubblicato non riesco a comprenderlo.
Massimo rispetto per l’attento curatore dell’opera di Levi, ma questo libretto è proprio poca cosa. Qualche pagina piacevole ad esempio l’incontro con Stanisław Lem oppure quello con Rigoni Stern, ma tutto il resto è abbastanza disomogeneo. Sono appunti di viaggio molto “sconnessi” con dentro di tutto un po’ ma tutto un po’ inutile.
Si parla appunto di “libri non inutili” durante l’intervista a Stern, ecco questo mi pare sinceramente inutile. Perché raccontare quei due-tre sogni dell’autore, che attinenza hanno col resto? Che interesse possono avere per chiunque?
In alcuni tratti l'ho trovato anche irritante. Mi è sembrato uno scimmiottare la scrittura proprio di Levi laddove Primo si soffermava sui dettagli. Ma Levi scriveva in modo magistrale ed i "dettagli" erano interessanti! non le banalità che ho letto in questo libretto. Mah

vadi lei

Suona un tipo.
Scendo.
E' quello della Bofrost.
Giramento di palle.
Poi penso, vabbé cerca di sfangarla, poraccio.
Lo sto a sentire.
Sfoglia il catalogo e mi chiede dove faccio la spesa.
Al supermercato dico io.
Mi cade l'occhio su una pizza surgelata, costa 8.39E.
Sticazzi.
Lui mi dice che non vogliono cambiare le mie abitudini.
Manco mia moglie ci riesce, penso...
C'è un'offerta, dice.
Ah...
Se prendo tre prodotti ho uno sconto su qualcosa.
Ah...interessante.
E' comodo, Lei fa l'ordine e sabato passiamo a consegnare...
SABATO???
Questi sono coglioni. Sabato?
Vabbé continuo ad ascoltare.
"Noi vogliamo che Lei vadi ancora al..."
vadi? vadi? ha detto VADIIII?
"No grazie, non compro niente".

mercoledì, febbraio 22, 2017

Museo Stasi

Oggi su Metro ho trovato questa fotografia che mi ha rimandato subito alla mia visita di qualche anno fa: https://www.youtube.com



metronews
edizione di mercoledì 22.02.17 (pag. 6)

mercoledì, febbraio 08, 2017

Ancora Toro e Sempre tu

ANCORA TORO
Io questa maglia sognavo da bambino
quando giocavo ancora col trenino
mio padre andava sempre al Comunale
c’era il Torino, il Toro da sognare

Granata è una seconda pelle
portarla è come un viaggio tra le stelle
lo so cos’è la storia e la leggenda
giochiamo noi, la fiamma non si è spenta

e ancora Toro, e sempre Toro
la Maratona canta tutta in coro
e ancora Toro, e sempre Toro
il Toro è grande, fa tremar le gambe
e ancora Toro, e sempre Toro
cantiamo dai, cantiamo tutti in coro
e ancora Toro, e sempre Toro
il Toro è grande, fa tremar le gambe

Di questa squadra io sono il capitano
11 cuori tenuti per la mano
vincere sempre, vincer con ardore
per il Torino per il suo grande cuore
E’ un’emozione che sempre mi attanaglia
sono del Toro e un grido mi accompagna
Forza ragazzi vincete con onore
esser Granata vuol dire fede e amore

e ancora Toro, e sempre Toro
la Maratona canta tutta in coro
e ancora Toro, e sempre Toro
il Toro è grande, fa tremar le gambe

e ancora Toro, e sempre Toro
cantiamo dai, cantiamo tutti in coro
e ancora Toro, e sempre Toro
il Toro è grande, fa tremar le gambe
e ancora Toro, e sempre Toro
la Maratona canta tutta in coro
e ancora Toro, e sempre Toro
il Toro è grande, fa tremar le gambe

e ancora Toro, e sempre Toro
cantiamo dai, cantiamo tutti in coro
e ancora Toro, e sempre Toro
il Toro è grande, fa tremar le gambe

SEMPRE TU
Fin da bambino io facevo a modo mio
chi vince sempre non mi va

momenti belli e no
ma di soffrire un po'
chi si innammora lo sa già

solo tu ci sarai sempre tu come mai

sarà una malattia
bisogno di poesia
voglia di un'altra gioventù

sarà che il buio è nero
sarà che in fondo il cielo
mi piace rosso più che blu

sempre tu ci sarai solo tu più che mai

mi scoppia il cuore per te
il mio motore il mio caffè

un solo amore per me il Toro è l'unico che c'è

in fondo ai sogni miei
ricordi che vorrei
portare via all'eternità

bandiere al vento e poi
un'altra volta noi un grido che non finirà

solo tu ci sarai sempre tu come mai

mi scoppia il cuore per te
il mio motore il mio caffè

un solo amore per me il Toro è l'unico che c'è

c'è una stella nel tuo futuro
e un bel giorno arriverà
l'importante è tenere duro come fa la tua città

mi scoppia il cuore per te
il mio motore il mio caffè

un solo amore per me il Toro è l'unico che c'è

mi scoppia il cuore per te
il mio motore il mio caffè

un solo amore per me il Toro è l'unico che c'è

mi scoppia il cuore per te
il mio motore il mio caffè

un solo amore per me il Toro è l'unico che c'è
mi scoppia il cuore per te

il Toro è l'unico che c'è

mi scoppia il cuore per te
il mio motore il mio caffè

un solo amore per me il Toro è l'unico che c'è
il Toro è l'unico che c'è

lunedì, gennaio 30, 2017

La partita di pallone (l'arbitro)

Alcuni estratti da "La partita di pallone"
Storie di calcio (Sellerio editore Palermo)

Vladimir Dimitrijevic (1934-2011)
nel 1998 dichiarava:
"Io sono per l'arbitro che decide, che impone, che non indice un referendum prima di stabilire se c'è o non c'è un fuorigioco, se il gol è valido o no.
Dicono che bisognerebbe piazzare telecamere ovunque, e sorveglianti dietro ogni palo delle porte" laddove "la gente che va alla partita non trova
più senso nel mondo che la circonda. E più questo mondo è caotico, più la gente si cerca delle leggi severe".

Edoardo Galeano (1940-2015)
Scrittore e giornalista uruguaiano nel 1995 scriveva:
"Col fischietto in bocca, soffia i venti della fatalità del destino e convalida o annulla i gol.
Cartellino in mano, alza i colori della condanna: il giallo, che castiga il peccatore e lo obbliga al pentimento,
e il rosso che lo condanna all'esilio. Nessuno corre più di lui. E' lui l'unico obbligato a correre tutto il tempo.
Tutto il tempo galoppa, sfiancandosi come un cavallo, questo intruso che ansima senza sosta tra ventidue giocatori e,
come ricompensa di questo sacrificio, la folla grida chiedendo la sua testa. Dal principio alla fine di ogni partita,
in un mare di sudore, l'arbitro è obbligato a inseguire la palla bianca che va e viene tra i piedi altrui."
Galeano si sofferma sui tifosi sottolineando che " gli sconfitti perdono per colpa sua e i vincitori vincono malgrado lui.
Alibi per tutti gli errori, spiegazione di tutte le disgrazie, i tifosi dovrebbero inventarlo se non esistesse. Quanto più lo odiano,
tanto più hanno bisogno di lui".
Sui giocatori " Ci sono attori insuperabili nell'arte di guadagnare tempo il giocatore si mette la maschera da martire
che è appena stato crocifisso e allora si contorce in piena agonia, tenendosi il ginocchio o la testa e resta steso sull'erba.
Passano i minuti. Con la velocità di una tartaruga accorre il massaggiatore...così passano le ore e gli anni,
fino a che l'arbitro ordina di portar via dal campo quel cadavere
E allora, improvvisamente, il giocatore spicca un salto, hop, e si compie il miracolo della resurrezione".

venerdì, gennaio 13, 2017

Alcune delle mie scuse per comprare un libro

E' un autore che amo
E' un autore che voglio scoprire
La copertina mi piace
Mi piace l'edizione
E' una copia rara
E' una copia economica
E' cara ma è scontata
E' un titolo che cercavo da anni
E' l'ultimo titolo che mi mancava della collana
Si legge in fretta
E' voluminoso, non può essere palloso: chi lo leggerebbe tutto?
Me ne hanno parlato bene
Ho letto giudizi contrastanti e voglio capire chi ha ragione
Tutte le recensioni di IBS gli danno 5
E' un po' che non mi compro un libro
Questo mese è il più venduto su amazon
Ce l'ho solo in pdf
Ce l'ho cartaceo, prendo l'ebook
L'ho già letto, ma l'avevo preso in biblioteca
In America dicono che è meglio delle Correzioni
Me lo merito, in questo momento di stress
Ok è l'ultimo poi per un po' non mi prendo più nulla
La recensione sulla Lettura è entusiastica
E' un argomento che mi affascina
E' un argomento del quale non conosco nulla, devo approfondire
E' un argomento che conosco benissimo, devo completare il mio quadro di conoscenze
E' un autore difficile, voglio cercare di capirlo
Parla di Torino
Parla del Toro
Parla dei miei coetanei
Parla dei mie figli
Parla degli anziani con una chiave diversa dal solito
Le Benevole in edizioni limitata
E' ambientato a NY
E' ambientato in Australia
E' ambientato in Canada
E' la Londra vittoriana 
Un libro che ti fa sentire l'odore della polvere, il freddo dell'inverno
Ricostruisce gli anni 20 perfettamente
E' una attenta ricostruzione storica del regno di Sardegna
L'ha scritto un professore che stimo
Voglio cambiare genere
E' un romanzo storico
E' un thriller
E' hard-boiled
In questo momenti voglio leggere solo saggi
Ho visto il film
Vedrò il film
Ne faranno un film
Sembra di leggere Saramago
E' un libro di Saramago
E' l'ultimo di Saramago, rimasto inedito
E' un testo irriverente
E' una raccolta dei migliori racconti brevi
E' una rilettura di un testo teatrale 
I migliori racconti lunghi
Scelto da Augias
Consigliato da D'Orsi
In biblioteca non c'è
E' impossibile da catalogare
Chi ama il western non può non averlo letto
Chi ama il western non può non possederlo
Ne ho una edizione del club degli editori: devo sostituirla
Lo ricompro perchè non lo trovo più a casa
Su anobii non lo trovo, mi sembra di averlo ma nel dubbio lo prendo per non pentirmene dopo
Muh Lo prendo e lo leggiucchio, al massimo lo regalo a mio fratello 
Claudio dice di leggerlo
Ha un taglio giornalistico
Contiene tutti gli articoli usciti sulla rubrica della domenica dal 1904
Tratteggia un quadro di un mondo che si è estinto per sempre
Parla degli indiani
Sono gli indiani che parlano
Dalla parte degli indiani
I misteri degli egizi, svelati
Le baruffe sentimentali, in chiave ironica, nella San Francisco degli anni 80
La Russia degli zar
Una biografia che sembra un romanzo
Un romanzo che ha creato un genere
Un autore che ha scritto solo questo libro poi è scomparso
Un libro che era scomparso e che è stato ritrovato in un archivio per caso
Parla degli ultimi giorni della difesa di Berlino
Parla dello sbarco in normandia
Parla dello sbarco di Anzio
Chi era davvero Lee H.Oswald    
Da questo libro la serie TV   
Sicumante ne faranno una serie TV
La tipa l'ha letto, se lo leggo anch'io forse me la bombo (una scusa che non uso più diciamo da 13-14 anni)
E' una lettura che mi serve sul lavoro
E' il testo che mi permette di cambiare lavoro
Parla di come il lavoro è cambiato nei secoli
Toh un libro di cucina, mi potrebbe anche interessare
E' un manuale sul cinema
Ti permette di capire tutto su quell'argomento
E' di nicchia
il senso della vita
Il senso della vita avendo dei figli piccoli
le playmate più celebri (foto)
E' un autore che amo...ah già detto

giovedì, gennaio 12, 2017

i mezzi

Mezzi Po
Poteva essere una giornata infrasettimanale tra 20 e 25 anni fa.

Era inverno. 
Come tradizione decidiamo di andare ai Mezzi.
Fa freddo, ma la serata è piacevole.
Decidiamo di andarci in bici.Partiamo io e wolf verso le 20, da Settimo.
In una ventina di minuti siamo lì, in trattoria. Mangiamo da star male e beviamo da star bene. 
Usciamo euforici e brilli e di fronte a noi si presenta una cartolina identica a questa,con molta più neve, che per altro continua a cadere.
Guardo in lontananza e propongo: "torniamo a casa, in bici, tagliando per i campi!"
Un'idea assolutamente assurda.
L'idea entusiasma il mio amico e si parte nell'impresa mettendoci dentro tutta la foga, la forza e l'entusiasmo dei vent'anni, cadendo e rialzandoci, ridendo e cantando a squarciagola nel silenzio e nel buio più profondo.

Mezzi Po, Settimo T.se

giovedì, dicembre 15, 2016

condivido un pezzo che condivido

ENNESIMO UN CAZZO
L'ennesimo un cazzo.
Se c'è una cosa che il derby di domenica non è stato è un ennesimo.
A meno di non considerare solo e unicamente il risultato finale, il che però è da gobbi.
Il derby di domenica è stato il primo del nuovo Toro, per quanto mi riguarda.
Il primo dopo aver finalmente dato a quello stadio un nome che la città attendeva da anni.
Il primo dopo aver finalmente messo in panchina uno che la vede come noi, la racconta come noi e la vive come noi.
Il primo finalmente giocato con l'idea di andare a prenderli e a prendergliela e non con quella di non prenderle.

Io non so cosa voi vi attendiate dal Toro, nel 2016.
So solo che finalmente abbiamo uno che non lo fermano neanche con le cannonate, e che quando ha segnato ci ha fatto tornare bambini.
Che siamo pieni di ragazzi che possono sbagliare, ma lo fanno con coraggio e sfrontatezza. Oggi in granata, domani in azzurro. Che abbiamo un portiere che è stato l'ultimo ad arrendersi, anche se arriva da oltre Manica, perché ci mette il cuore, insieme ai riflessi.
Che diversi gobbi hanno avuto sinceramente paura di perderla, anche se ora fanno finta di niente o negano (sono fatti così). Che non serve più che un funambolo brasiliano si faccia ottanta metri con la palla al piede per vederla finire in fondo al sacco. Può succedere e risuccederà perché in campo ce ne sono undici a volerlo e a fare di tutto perché succeda, finché ne hanno.

Sarò sincero, alla vigilia temevo lo choc anafilattico. Che cioè le robuste iniezioni di grinta e aggressività somministrate da Sinisa e rafforzate da noi tutti potessero essere fatali ai ragazzi.
Poi ho visto un ragazzo cresciuto col granata addosso cercare e riuscire a mandare al bar quel pagliaccio di Cuadrado. Magari incespicando, senza sembrare un videogioco, ma mandarlo al bar.
E allora ho capito che il più è fatto, ed è francamente un più ENORME.
Su questi ragazzi pesa un macigno dal quale è tempo di sgravarli. Il peso di dover essere Davide contro Golia. Il peso di dover fare un regalo a mezza Italia e a tutta Torino. Il peso di dimostrare a scettici e rassegnati che puoi sederti a un tavolo di poker con 100 euro e vincere anche se il tuo avversario ne ha mille ed è amico del croupier.
E' tempo di togliere questo peso ai nostri ragazzi, perché di derby ne hanno perso UNO e potevano anche vincerlo.
Gli altri vanno in conto a noi, e non a loro. Perché abbiamo le spalle larghe e in fin dei conti anziché ammazzarci ci hanno rafforzato.
Abbiamo perso un derby. E' davvero l'unica cattiva notizia.

SEMPRE FORZA TORO

sabato, dicembre 03, 2016

Il segreto del Toro


Ogni tanto mi chiedono perché noi del Toro ci sentiamo diversi, dove risiede questa presunta unicità. La risposta evidente è: a Superga. Quella segreta: in un gabinetto chiuso a chiave. Ecco la storia. Oggi si celebra la Natività Granata, avvenuta a Torino il 3 dicembre di 110 anni fa in una birreria di piazza Solferino. A metterci al mondo fu un burbero e romantico venditore di scarpe svizzero, Alfredo Dick, che si era appena dimesso da presidente del primo scudetto juventino in polemica con gli altri soci favorevoli al professionismo. Il mese successivo si disputò il nonno di tutti i derby e lo vincemmo noi: due a uno. Un trionfo che Dick non vide, perché durante l’intervallo la manina di qualche ex socio lo aveva chiuso dentro i bagni dello stadio. Il brav’uomo passò l’intero secondo tempo a battere i pugni contro la porta per farsela aprire, ma invano. Non esistevano i telefonini e solo a vittoria raggiunta gli amici si accorsero della scomparsa di Dick. Furono attratti da un rumore sordo che arrivava dai gabinetti. Era il suono delle sue imprecazioni pronunciate in varie lingue: ne conosceva moltissime. 

La sorte del Toro era già fissata in quella istantanea. Essere vittima di agguati. Non godersi mai nulla fino in fondo. Gioire lamentandosi e nel lamento gioire. Assaporare il retrogusto amaro della felicità e quello dolce della sventura, a cui segue immancabile un riscatto sempre precario. Vivere, insomma. Ciò che il fragile Dick smise volontariamente di fare a 44 anni, lasciandoci in eredità questa creatura bizzarra e amatissima.

Granata da legare
MASSIMO GRAMELLINI
La Stampa 03.12.16


mercoledì, novembre 30, 2016

Le lacrime, il sangue, i fratelli e qualche gioia

Credo abbia ragione il mio amico gobbo.
il menagramo dice che, benché più vecchio, mi sopravviverà, in virtù del suo tifo calcistico.
ne ho avuto la conferma indiretta stamattina.
mi sveglio e sono di ottimo umore.
ma perché? sono le 06.31 fa freddo e devo andare a lavorare!
poi visualizzo mentalmente il missile di Adem della sera prima.
che gioia! per una partita poco rilevante per altro,
contro una formazione sì gagliarda ma improponibile,
tant'è che poi il Pisa ne ha buscate ben 4 di pere.
ma è così. non c'è nulla da fare. si gode a bestia.
...e, si badi bene, non ho proprio una vita così sfigata, ho anche "altre" gioie, ve lo assicuro.
ma la vittoria del Toro agisce a livelli diversi, primordiali.
anche superficiali, certo.
risveglia davvero il fanciullino che dorme della grossa che c'è, credo, dentro di me.

immaginiamo adesso di essere un gobbo, che vince sempre o quasi.
lascia stare come, per un tifoso alla fine è, più o meno, lo stesso...
vuol dire, e questo è scientificamente provato, una alimentazione migliore,
un umore sempre eccellente, un sorriso ebete appena alzato.
in quanti anni "guadagnati" vogliamo stimare questa qualità di vita superiore,
rispetto, per esempio, al granata rosicante? 10 anni?
ma facciamo 15...

Poi però non puoi non considerare il rovescio della medaglia.
di merda ne abbiam mangiata tanta in questi ultimi vent'anni in particolare,
ma questo ha selezionato, migliorato per certi versi il tifoso granata.
è vero, è ancor più indolente e sclerato di un tempo, specie adesso in epoca "social".
ma in ogni caso, la condivisione di cotanta merda, ha fatto sì che quando incroci
un altro tifoso del Toro, ti trovi davvero davanti un fratello.
ha sofferto quello che hai sofferto tu, ti capisce.
è capitato ancora stamattina: ci incrociamo per caso sul tram,
io e un mio coetaneo,
ci si guarda un attimo e si ridacchia di gusto, ci si dà il 5, anche se
ci siamo visti solo un paio di volte e ci siamo conosciuti da poco.
ci si abbraccia, come allo stadio.
condividi con lui una passione particolare,
lo senti vicino, lo senti amico.
un fratello appunto.

il granata è così, non è il gobbo che ti chiede - non lo sa davvero, lo chiede a te cristo! -
il lunedì mattina cos'ha fatto la goeba!

morirò giovane
ma quanto è bello essere del Toro!

Riflettendo, testo ed immagini

oggi passeggiando in una soleggiata via Tunisi mi sono chiesto se sono la persona che avrei voluto essere.
subito dopo mi sono chiesto quale persona avrei voluto essere.
essendo una domanda che non mi rivolgevo più da tempo, ci ho messo un po' a ricordare.
da una parte, incredibilmente, sono anche un po' meglio di come avrei voluto essere, nel senso che, ai tempi, non ero proprio sceso nei dettagli, dall'altra, lo ammetto, alla fine la mia maggior abilità è quella di farsi andare bene le cose.
questo vuol dire accontentarsi?
non lo so, ci devo ancora riflettere.

Meditiamo

Il Pezzo Mancante
Un film di Giovanni Piperno

A ferro e fuoco
Un film di Roberto Giovannini
[dal minuto 52.26]

giovedì, ottobre 27, 2016

L'Inter-Toro 2-1 del 26.10.16 h 20.45 - né cherpa né sciopa

L'attimo

Al bar della Stazione i cinesi, sapientemente, avevano suddiviso il locale in due: da una parte i gobbi, dall'altra noi, in mezzo, a far da cuscinetto, loro.
I più giovani di loro parlano italiano e con loro si riesce bene o male ad intendersi, con gli altri un cazzo.
Quindi si procede a gesti per farsi capire e sono frequenti le incomprensioni. Le distanze culturali sono enormi.
Per quanto possibile li si prende amabilmente per il culo e loro, immagino, faran lo stesso.
Però è strano che, anche i più giovani tra loro, non abbiano ancora capito che durante una partita se qualcuno segna un goal, ed è dei nostri, si urla.

Quelli "in mezzo" sono un numero sterminato, operosi, silenziosi, efficienti. Non ridono mai. Ai lati lo scazzo.
Il clima è un po' quello dello spaccio a naja: tu sei il rospo, loro gli anziani.
Il servizio è rude. Sinceramente a me non dispiace. Basta con le nostre stantie e ipocrite convenzioni sociali, basta con le buone maniere basta "Buongiorno/Buonasera", "Per favore", "Grazie", "Prego", "macchiato freddo", "in tazza grande"...
Al bar della Stazione tutto questo è finalmente azzerato.
Ti prendi quello che vuoi, metti i soldi sul bancone: se sono di più del dovuto ti danno il resto altrimenti prendi e te ne vai.
Senza un "cherpa" [ndr dal piemontese "Crepa"] senza uno "sciopa" [ndr dal piemontese "Scoppia"] né dall'una né dall'altra parte.
Un mondo perfetto e una fotografia di quello che succede oggi tra Asia ed Europa.
Noi divisi e rancorosi al cazzeggio, intenti a sperperare gli ultimi centesimi, loro uniti a lavorare, pianificare e costruire.

Queste le premesse per godersi l'attimo.
L'istante più bello, in una brutta partita persa meritatamente, è stato non già la nostra rete, ma quello successivo al goal di Belotti.
Dal nostro "settore" parte un boato immenso, io mi ritrovo catapultato in mezzo alla stanza urlante, altri si abbracciano, un paio di ragazzini prendono a calci la porta per stemperare la tensione accumulata fino al quel momento liberatorio.
C'è un gran baccano a San Maurizio, in quel vetusto locale tra la stazione ferroviaria e il campanile quadrato, simbolo del paese.
Un istante dopo, quasi all'unisono, si spalanca una porta laterale e si affacciano 3-4 cinesi sconvolti per capire cosa mai stia succedendo.
Le facce stralunate, sorprese, un po' preoccupate.
Ma cosa vorrai mai che sia successo durante una partita di calcio e in particolare durante l'Inter-Toro? Ha segnato il Gallo!
Così come istantaneamente erano comparsi, i cinesi, veloci di mente, compreso che nessuno stava ammazzando qualcun'altro, richiudono la porta e scompaiono, silenziosi ed enigmatici.
Nel buio, il burlone del paese, con insolita saggezza, chiosa:
"ragazzi adesso tranquilli, occhio che anche il bar è 'loro'...di quelli [sottinteso proprietari] dell'Inter"...

martedì, ottobre 18, 2016

Palermo-Toro 1-4 [17.10.16 h 20.45]

La classica partita che, negli ultimi 30 anni, perdiamo.
Vado al bar dei cinesi, in piazza della stazione, è la prima volta che ci entro.
Non tanto perché sia "gestito" dai cinesi, ma perché la cultura del bar, ahimè, mi manca. Non ho mai avuto tempo di frequentare un bar con assiduità, tranne la mattina prima del lavoro. Ma non è quella la frequentazione che ti permette di vivere il bar, i suo avventori perdigiorno, inimitabili maestri di saggezza e di vita.
Comunque entro e sono guardingo, la mia decennale esperienza mi porta ad ipotizzare una possibile ipotetica ennesima presa per il culo, anche se tutto farebbe pensare il contrario.
Ossia sembra la partita facile e noi veniamo da un paio di vittorie belle e importanti, ma questo per noi non conta nulla, anzi.
Quando siamo lì lì per rialzare la testa di solito arriva il lordone.

Dopo pochi minuti di gioco capisco che il vento è però cambiato. Siamo cazzuti. Sono fiero di loro.
Arriva la birra e fa veramente schifo al cazzo.
Faccio fatica a berla.
Pochi istanti e il maxi-schermo si spegne.
Cristo.
'sti cazzo di cinesi, penso.
Nel buio un tizio fa:"ha segnato il Palermo".
Ridacchio per la battuta.
Qualcuno nel frattempo accende le luci e una ragazza, togliendosi le cuffiette, con aria funebre, conferma "ha segnato il Palermo".
Cristo. Porca troia.
Mi girano i coglioni, ma credo nei ragazzi.
Sarà una serata di merda, penso, ma lotteremo fino alla fine.
La ciliegina sulla torta è il messaggio istantaneo del collega gobbo.
Mi irride "Ah ah Chonev!".
Rispondo pacatamente e prontamente:
"ne parliamo alla fine, suca".
Ci credo e i ragazzi, pare, che ci credono ancor più di me.
Non si scompongono e continuano a macinare gioco.
Al gobbo di "messaggini" gliene mando poi altri 4.
Brevi ma incisivi:
"E 1"
"E 2"
"E 3"
"E 4"
e chiudo con un:
"Lo scemo non canta più?"

Grazie ragazzi, vi vogliamo così!

lunedì, luglio 25, 2016

Sempre i soliti

Quando vidi le prime partite del Toro allo stadio, al vecchio Comunale, non ero più giovanissimo.
Avevo circa dieci anni.
Mi colpì la prospettiva, i giocatori erano così vicini e poi quel colore acceso delle maglie.
Nessun campione, ma schiumavano esuberanza agonistica, ti trasmettevano un'idea di forza, di fierezza. Potevano anche perdere, ma li vedevi infuriarsi se ciò avveniva.
Noi li sostenevamo con forza, ma senza rabbia.
C'era anzi gratitudine perché vedevamo che loro facevano in campo quello che avremmo fatto noi.
Adesso, a distanza di oltre trentanni, le parti si sono invertite.
Noi rabbiosi sugli spalti, loro freddi, razionali e distaccati in campo.
Ci dicono che dobbiamo riconoscere il valore dell'avversario e saper accettare una sconfitta...
Ma noi non saremo mai come ci vorreste.
Noi siamo sempre i soliti.



lunedì, luglio 11, 2016

Viù

Una cosa della quale mi dispiaccio molto è l'esiguità dei ricordi legati alle migliaia di gare che ho arbitrato dal 1991 ad oggi.
Com'è possibile ricordare così poco? E' un vero peccato. Qualche collega mi dice di ricordare tutto. Io ricordo una decina di episodi!!!
Però a volte per caso altre volte perchè finisci in un paese che capisci subito di "conoscere", qualcosa riaffiora alla memoria.
Ieri è stato così. ero a Viù, in piscina con la famiglia.
Lì accanto ho visto un campo di calcio a5 con una gradinata per il pubblico. Ed ecco l'amarcod.
Adesso non ne ho la certezza, ma è altamente probabile che lì abbia arbitrato almeno una gara.
Non ho voglia di andare a fare le verifiche del caso, anche perchè non è fondamentale ai fini del racconto.
Mi pare quindi di ricordare un episodio particolare, seduto su quelle gradinate
c'era una persona corpulenta, questa la ricordo bene nonostante gli anni passati, che a fine primo tempo o a fine del secondo venne verso di me con atteggiamento minaccioso.
L'affronto, come ho sempre fatto in questi casi. Come spesso capita, il "signore" corpulente diventa subito meno
aggressivo di quando è mischiato tra il pubblico, dove si sente sicuro, a sparar cazzate, passa all'istante dal "vaffanculo", "bastardo" al Lei.
Questa cosa mi ha sempre fatto molto ridere.
Continua a insultarmi, merda! Dammi uno sganassone adesso che mi hai di fronte! eh no...
Ovviamente l'arbitro ha già capito di avere di fronte un emerito coglione.
In pratica l'attrezzo mi mostra il suo cronometro per farmi notare che, in basa al suo orologio, la partita non era ancora finita (o doveva esserlo prima).
Io gli chiarisco che a me del suo orologio non mi interessa nulla e che l'unico cronometrista della gara, una partita di serie C, da regolamento, sono io.
Il tipo che si aspettava forse che avrei preso in qualche considerazione il suo orologio sparisce e fortunatamente non lo ritroverò più.
Mentre sono lì a pensare, con un sole che ti ammazza, in un attimo di riposo dall'assalto dei bimbi,
e sempre rimanendo in ambito calcio a5, mi ricordo di un altro episodio particolare.
Siamo in un paese appena fuori Torino, la partita è molto dura.
Episodi contestati, un espulso, qualche minaccia di morte.
Torno a fine gara nello spogliato e, poco dopo, entra il fenomeno,
Fa il professorino. Fintamente beneducato, mi intima senza possibilità di alternativa di mostrargli "subito" il referto per vedere cosa ho scritto circa gli episodi contestati.
La richiesta non sta nè in cielo nè in terra.
Una felicità profonda sale dentro di me. come prenderlo per il culo nel modo più efficace?
Penso velocemente. Un vaffanculo non è nel mio stile e non mi darebbe soddisfazione come del resto spiegargli che lui è una testa di cazzo ed io non sono tenuto a mostrargli nulla.
Alla fine opto per un sibillino: "come faccio a mostrarLe qualcosa che non ho ancora scritto e che, in ogni caso, non scriverò certo adesso?"
il professorino parte con i "lei non sa chi sono io", "telefonerò a...", "parlerò con...".
Io, sicuro della bontà delle mie decisioni e, soprattutto, della mia buona fede chiudo la conversazione con un:"faccia come crede, buonasera".
Ovviamente mai più sentito e visto direttamente o indirettamente.
E' difficile da capire per chi non pratica, ma quanto mi mancano queste teste di minchia!

mercoledì, aprile 27, 2016

Buon compleanno Puliciclone!

Giro questa immagine sacra ad un amico gobbo [scusate l'ossimoro] che,
pensando di essere simpatico, mi chiede "è morto?"



La cosa è divertente, che domanda assurda: Lui è immortale!

giovedì, marzo 17, 2016

Frauen

Scusate, vorrei scrivere un post alla Michele Angheleddu, qualcosa di semi-colto che sostanzialmente non frega niente a nessuno.
Lo so che tutti, con prospettive diverse, stanno ancora pensando al goal di Mueller al 91°,
ma tant'è è anche un modo per non pensare alla mattanza che ci attende domenica...

Ho appena finito di leggere il formidabile "Frauen", un libro che la statunitense Alison Owings
pubblicò nel 1993, edito in Italia da Mursia e di non facile reperibilità.
La dritta me la diede Martin Amis.
Stavo leggendo il suo inutile "La zona d'interesse", quando, una volta deciso che non avrei terminato il supplizio di quella lettura, sono andato a ravanare nella bella bibliografia.

Il libro della Owings è un capolavoro, raccoglie una serie di interviste che l'autrice fece alla fine degli anni '80 a donne tedesche sopravvissute alla seconda guerra mondiale, ebree perseguitate, naziste tiepide e più convinte, oppositrici, una guardia di un campo di concentramento.

Le pagine sono dense di avvenimenti, ricordi ed emozioni. Di non facile lettura, se non motivati.
Gli spunti interessanti sono innumerevoli, uno dei concetti più stimolanti è quello dello "Hausjude"[l'ebreo di casa], ossia una scappatoia psicologia, tra le diverse, che molte tedesche (e tedeschi)
si inventarono o elaborarono per sottrarsi al peso delle loro responsabilità.
L'Hausjude era un ebreo, quasi sempre uno solo, che, nei ricordi, era stato aiutato o, in generale, benvoluto (o non condannato con una delazione).
Grazie a quel ricordo positivo potevano dichiararsi non antisemiti.
Ecco quest'aspetto psicologico mi pare decisamente interessante e meritevole di riflessione
appena venuto meno il godimento immenso del 4-2 di ieri sera.

lunedì, febbraio 29, 2016

COME SCRIVERE BENE di Umberto Eco

1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
9. Non generalizzare mai.
10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
12. I paragoni sono come le frasi fatte.
13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
15. Sii sempre più o meno specifico.
16. L'iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
19. Metti, le virgole, al posto giusto
20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all'espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell'inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
25. Gli accenti non debbono essere né scorretti né inutili, perché chi lo fà sbaglia.
26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
31. All'inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
32. Cura puntiliosamente l'ortograffia.
33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve.
35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
38. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competente cognitive del destinatario.
39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che
40. Una frase compiuta deve avere.

Tratto da:
Umberto Eco, La Bustina di Minerva, Bompiani 2000

giovedì, dicembre 24, 2015

Auguri

Non amo farli, ma con un compagno così è tutta un'altra storia: buon Natale a tutti!

venerdì, dicembre 18, 2015

Riflessioni post derby perso non giocandolo

Parlando di...medioevo dal forum ForzaToro:
"C'è un'immagine, mi sembra di Leibniz, ripresa da Deleuze: se la comunità è un tessuto, l'uomo è una piega, una singolarità, che nasce, muore, è riconosciuta, anche se con una geometria variabile di funzioni. Il nostro modo di essere riconosciuti era fatto di tanti individui, ma la sostanza che lo componeva non era propria di ciascun individuo, era comune.
Come gli uomini del Medioevo pensavamo che nel contesto Toro una cosa fatta male, un pensiero pensato male, non si esaurissero lì, in quella cosa o in quel pensiero, ma turbassero un ordine, un universo, che era il Toro. Non ci sembrava, almeno a me, di «pensare», ma di «partecipare a un pensiero» legato al Toro. Non di «amare» il Toro, ma di essere parte di un sentimento che era l'«amore» per il Toro.
Ora, non solo nel calcio, le pieghe sono state stirate e sono diventate pura superficie. È sparita la complessità, la profondità. È una perdita importante, la trasformazione di ogni traccia residua di interiorità in comportamenti standardizzati e modellizzabili.
Secondo me con il Toro stiamo seguendo in pieno questa tendenza. Alla quale del resto nessun aspetto del reale sfugge, perché la nostra dovrebbe essere un'eccezione? Un certo modo, analogico, medievale, eroico di vivere il Toro non può più essere, semplicemente, perché la realtà lo fagocita come fanno i globuli bianchi. Lo strazio è che a quella malattia eravamo abituati e le volevamo bene."

giovedì, novembre 19, 2015

Il Re del mosto

Costruitevi
una cantina ampia, spaziosa, ben
aerata e rallegratela di tante belle bottiglie,
queste ritte, quelle coricate, da
considerare con occhio amico nelle sere di
Primavera, Estate, Autunno e Inverno
sogghignando al pensiero
di quell'uomo senza canti e senza suoni,
senza donne e senza vino,
che dovrebbe vivere
una decina d’anni più di voi.
(Giacomo Bologna)

Chi era il Re del mosto?
lo racconta Beppe Orsini

www.braida.com

venerdì, ottobre 30, 2015

Fat City di Leonard Gardner

Città amara
Quando leggo che un lettore aggiunge o toglie mezza stellina al voto un po' mi innervosisco per la pignoleria: e decidi 'sto voto e non rompere! stai mica salvando il mondo!
ma questa volta devo ammettere che avrei anch'io voluto assegnare tre stelline e 1/2...

La traduzione è ottima, alcuni passi sono fantastici ma alla fine la sensazione è comunque di qualcosa di incompleto o, meglio, di una narrazione che avresti voluto continuasse ancora un po'.
Non necessariamente verso un finale particolare, ma solo verso qualche altra vicenda o avvenimento che ti permettesse di definire ancor meglio i personaggi, la città, gli incontri di boxe stessi che alla fine non sono, come pensavo, predominanti. Diciamo che è un libro di genere...sui generis.
E' da leggere in ogni caso, non è certo paccottiglia che ti fa perder tempo.
Non è un pranzo luculliano, ma un'"apericena" finita la quale ancora qualcosa lo avresti gradito.

P.S.: quest'anno Fazi l'ha ripubblicato cambiando (ossia proponendone una traduzione) il titolo in "Città amara".

mercoledì, ottobre 28, 2015

Dopo una sconfitta per 3-0...

Ovunque!
Comunque!

Ovunque noi ti seguiremo
comunque saremo insieme a te
il nostro colore porteremo
da sempre per sempre Toro alé
con la voce accanto a te
forza grande Toro alé
ale ale ale ale Toro alé

Siam granata il meglio da sempre
siam padroni di questa città
entra il Toro lo stadio è una festa
forza Toro la gente è qua
poche gioie e molti dolori
però questo un granata lo sa
se la strada diventa salita
non per questo lui si fermerà

filo diretto con Valentino
gioca nel cielo col Grande Torino
parla ai ragazzi digli che noi
siamo granata e siam sempre con voi

filo diretto con Valentino
gioca nel cielo col Grande Torino
parla ai ragazzi digli che noi
siamo del C.A.S.T. e siam sempre con voi




http://www.cast-1983.it/

mercoledì, settembre 16, 2015

Corpi d'Elite delle Forze Armate Italiane dal 1935 al 1945

Scusate, ma a me che in rete non ci fosse elenco esaustivo delle uscite della Hachette con i suoi fantastici soldatini di piombo proprio non andava giù.
lacuna colmata (prima uscita 1.50 E, seconda 5.90 E, tutte le altre 9.99 E, raccoglitore 7.00 E):

Corpi d'Elite delle Forze Armate Italiane dal 1935 al 1945 (Hachette)

1   31/07/2010 Paracadutista A.D.R.A. - Algeria 1943
2   14/08/2010 Capitano degli Alpini Battaglione Monte Cervino - Russia 1942
3   28/08/2010 Marò Battaglione Barbarigo - Anzio 1944
4   11/09/2010 Bersagliere 7° Reggimento Bersaglieri - Africa 1942
5   25/09/2010 Divisione Folgore - Africa settentrionale 1942
6   09/10/2010 Reggimento Savoia Cavalleria - Russia 1942
7   23/10/2010 X Reggimento Arditi - Italia 1943
8   06/11/2010 Motociclista Polizia dell'Africa Italiana - Africa 1942
9   20/11/2010 Alpino Battaglione L'Aquila - Grecia 1940
10 04/12/2010 Ascari libico - Africa 1940
11 18/12/2010 Camicia Nera Divisione 1° febbraio - Etiopia 1936
12 01/01/2011 Fante 33^ Divisione Acqui - Grecia 1943
13 15/01/2011 XXXI Battaglione Guastatori - Africa 1941
14 29/01/2011 Moschettieri del Duce - Italia 1938
15 12/02/2011 Gruppo di combattimento Cremona - Italia 1945
16 26/02/2011 Appuntato Arma dei Carabinieri - Africa 1941
17 12/03/2011 Operatore SLC X MAS - Alessandria d'Egitto 1941
18 26/03/2011 Alpino Divisione Monterosa - Italia 1945
19 09/04/2011 Capitano Aerosiluranti Regia Aeronautica - Mediterraneo 1942
20 30/04/2011 Ascari dei battaglioni eritrei - Etiopia 1936
20.1 30/04/2011 Raccoglitore
21 14/05/2011 Reggimento Nizza Cavalleria - Africa settentrionale 1942
22 28/05/2011 Camicia Nera Divisione 28 Ottobre - Africa settentrionale 1940
23 11/06/2011 Marò Reggimento San Marco - Libia 1942
24 25/06/2011131° Divisione Corazzata Centauro - Tunisia 1943
25 09/07/2011 Bersagliere Divisione Italia - Italia 1944
26 23/07/2011 Camicia Nera Legione Tagliamento - Russia 1941
27 06/08/2011 Fante Divisione Volontari Littorio - Spagna 1937
28 20/08/2011 Tenente Artiglieria 1° RGPT. Motorizzato - Italia 1943
29 03/09/2011 Muntaz Penne di Falco - Africa orientale 1940
30 17/09/2011 Caporale Battaglione Alpini Valanga - Italia 1945
31 24/09/2011 Partigiano Brigate Garibaldi - Italia 1944
32 08/10/2011 Paracadutista Divisione Folgore - Italia 1942
33 22/10/2011 Carrista 132^ Divisione Ariete - Africa 1942
34 05/11/2011 Bersagliere dell'ARMIR - Russia 1942
35 19/11/2011 Volontaria Servizio Ausiliario Femminile - Italia 1944
36 03/12/2011 Generale d'armata del Regio Esercito - Tunisia 1943
37 17/12/2011 Bersagliere Battaglione Mussolini - Italia 1945
38 31/12/2011 Comandante Sommergibili - Oceano Atlantico 1942
39 14/01/2012 Paracadutista Reggimento Folgore - Italia 1945
40 28/01/2012 Pilota da caccia Regia Aeronautica - Africa 1941
40.1 28/01/2012 Raccoglitore
41 11/02/2012 Pilota barchini esplosivi X^ MAS - Mediterraneo 1941
42 25/02/2012 Milite Brigate Nere - Italia 1945
43 10/03/2012 Alpino Divisione Julia - Russia 1943
44 24/03/2012 Fante Divisione Garibaldi - Italia 1945
45 07/04/2012 Savari della Cirenaica - Libia 1935
46 21/04/2012 Tenente Legione Muti - Italia 1944
47 05/05/2012 Meharista Reparti Sahariani - Libia 1940
48 19/05/2012 Rottenführer SS Italiane - Italia 1945
49 02/06/2012 Paracadutista Squadrone di Ricognizione F - Italia 1945
50 16/06/2012 Reggimento Giovani Fascisti - Africa 1941
51 30/06/2012 Ammiraglio della Regia Marina - Mediterraneo 1943
52 14/07/2012 Milite Guardia Nazionale Repubblicana - Italia 1944
53 28/07/2012 Pilota Squadriglia La Disperata - Etiopia 1936
54 11/08/2012 Carrista Gruppo Leonessa RSI - Italia 1945
55 25/08/2012 Marò Battaglione P San Marco - Italia 1942
56 08/09/2012 Paracadutista libico Fanti dell'Aria - Libia 1939
57 22/09/2012 Cavaliere Cosacco Gruppo Savoia - Russia 1942
58 06/10/2012 Milizia Confinaria - Italia 1940
59 20/10/2012 Capitano 1° Reggimento Granatieri - Italia 1943
60 03/11/2012 Pilota Squadriglia Cucaracha - Spagna 1938
61 17/11/2012 Milite Brigate Nere - Italia 1945
62 01/12/2012 Partigiano Brigata Maiella - Italia 1944
63 15/12/2012 Cappellano militare Alpini - Russia 1942
64 29/12/2012 Pilota da caccia ANR - Italia 1945
65 12/01/2013 Fante controcarro 102^ Divisione Trento - Libia 1941
66 26/01/2013 Alpino Battaglione Piemonte - Italia 1944
67 09/02/2013 Seniore Camicie Nere - Jugoslavia 1943
68 23/02/2013 Caporale Guardia alla Frontiera - Italia 1938
69 09/03/2013 Dubat - Africa Orientale 1935
70 23/03/2013 Milite Cacciatori degli Appennini - Italia 1944
71 06/04/2013 Fante Servizio Chimico - Africa del Nord 1938
72 20/04/2013 Muntaz Zaptiè Eritrei - Etiopia 1938
73 04/05/2013 Partigiano di città CLNAI - Milano aprile 1945
74 18/05/2013 Pilota Gruppo Picchiatelli - Albania 1941
75 01/06/2013 Ufficiale Battaglione Eritreo - Etiopia 1941

Questo era il Piano dell'opera, non ho certezza che poi siano usciti effettivamente tutti i numeri previsti. codice progressivo dal G1152001 al G1152075

lunedì, giugno 22, 2015

I limiti della democrazia

Dopo aver votato praticamente per tutti e da tutti esser stato deluso, forse il problema sei tu.
UG

lunedì, maggio 04, 2015

il presagio 26.04.15 - derby Torino-Juventus 2-1

La notte era passata tranquilla, solito sogno pre-derby: la gara finiva 0-0 e si giocava, stranamente non come da calendario, a casa dei gobbi, ossia al "supermercato".
Dopo aver portato la bimba dai nonni, mi preparo per andare alla partita, ma prima la curiosità di sfogliare il libro appena arrivato via posta mi costringe a posticipare la partenza.

Era da un po' che aspettavo quel libro trovato tra le pieghe di ebay.
Un testo introvabile edito nel 1967: "Quaderno laico" di Guido Calogero.
Una raccolta pressoché esaustiva dei "pezzi" del filosofo romano usciti sulla rivista "Il Mondo" di Mario Pannunzio.
Me l'ero fatto recapitare a casa dei miei e domenica 26 aprile 2015, finalmente, prendo in mano il prezioso volume per la prima volta.
Lo apro e trovo un foglietto piegato in due, di colore rosso, una vecchia schedina del totocalcio.
Penso "chissà con chi giocava il Toro..." Incredibile! Proprio Juventus-Torino!

Invoco subito il "presagio"...ma poi mi dico, l'evento particolare potrebbe anche presagire un fatto negativo: quanto finì quella gara? la schedina è datata 22/10/1967...
Inserisco i numerini su google, fiducioso, e trovo un derby particolare è quello finito 0-4 per noi,
quello disputato dopo la morte di Meroni.

Parto per lo stadio con una consapevolezza granitica: oggi si vince.













Grazie ragazzi! Superga si onora così: vincendo!